Emanuele Tesauro - "Il cannocchiale aristotelico, ossia Idea dell'arguta et ingeniosa elocutione che serve a tutta l'Arte oratoria, lapidaria, et simbolica esaminata co’ Principij del divino Aristotele"
 


E. Tesauro - La metafora

 "Ed eccoci alla fin pervenuti grado per grado al più alto colmo delle figure ingegnose, a paragon delle quali tutte le altre figure fin qui recitate perdono il pregio, essendo la metafora il più ingegnoso e acuto, il più pellegrino e mirabile, il più gioviale e giovevole, il più facondo e fecondo parto dell'umano intelletto. Ingegnosissimo veramente, però che, se l'ingegno consiste (come dicemmo) nel ligare insieme le remote e separate nozioni degli propositi obietti, questo apunto è l'officio della metafora, e non di alcun'altra figura: perciò che, traendo la mente, non men che la parola, da un genere all'altro, esprime un concetto per mezzo di un altro molto diverso, trovando in cose dissimiglianti la simiglianza. Onde conchiude il nostro autore che il fabricar metafore sia fatica di un perspicace e agilissimo ingegno. E per consequente ell'è fra le figure la più acuta: però che l'altre quasi grammaticalmente si formano e si fermano nella superficie del vocabulo, ma questa riflessivamente penetra e investiga le più astruse nozioni per accoppiarle; e dove quelle vestono i concetti di parole, questa veste le parole medesime di concetti.

Quinci ell'è di tutte l'altre la più pellegrina per la novità dell'ingegnoso accoppiamento: senza la qual novità l'ingegno perde la sua gloria e la metafora la sua forza. Onde ci avisa il nostro autore che la sola metafora vuol essere da noi partorita, e non altronde, quasi supposito parto, cercata in prestito. E di qui nasce la meraviglia, mentre che l'animo dell'uditore, dalla novità soprafatto, considera l'acutezza dell'ingegno rappresentante e la inaspettata imagine dell'obietto rappresentato.

Che s'ella è tanto ammirabile, altretanto gioviale e dilettevole convien che sia: però che dalla maraviglia nasce il diletto, come da' repentini cambiamenti delle scene e da' mai più veduti spettacoli tu sperimenti. Che se il diletto recatoci dalle retoriche figure procede (come ci 'nsegna il nostro autore) da quella cupidità delle menti umane d'imparar cose nuove senza fatica e molte cose in piccol volume, certamente più dilettevole di tutte l'altre ingegnose figure sarà la metafora: che, portando a volo la nostra mente da un genere all'altro, ci fa travedere in una sola parola più di un obietto. Perciò che se tu di': «Prata amoena sunt», altro non mi rappresenti che il verdeggiar de' prati; ma se tu dirai: «Prata rident», tu mi farai (come dissi) veder la terra essere un uomo animato, il prato esser la faccia, l'amenità il riso lieto. Talché in una paroletta transpaiono tutte queste nozioni di generi differenti: terra, prato, amenità, uomo, anima, riso, letizia. E reciprocamente con veloce tragitto osservo nella faccia umana le nozioni de' prati e tutte le proporzioni che passano fra queste e quelle, da me altra volta non osservate. E questo è quel veloce e facile insegnamento da cui ci nasce il diletto, parendo alla mente di chi ode vedere in un vocabulo solo un pien teatro di meraviglie."

Mappa testuale


  

( lavoro realizzato dalla classe 4^E a.s. 1996 - 1997 )


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