G. Leopardi - Lettera a Pietro Giordani del 30 Aprile 1817


Pietro Giordani nacque a Piacenza nel 1774 (morì a Parma nel 1848), studiò legge. Era monaco benedettino, ma uscì presto dall'ordine e visse come modesto impiegato. Fu favorevole al regime napoleonico: nel 1807 scrisse un "Panegirico per Napoleone". Subì persecuzioni per le sue idee liberali nel periodo della Restaurazione. Visse a Milano dove fu redattore della rivista classicista «La Biblioteca italiana» , insieme a Vincenzo Monti. Entrò in contrasto con il direttore, il filo-austriaco G. Acerbi. Una eredità gli permise di migliorare le proprie condizioni economiche. Visse a Piacenza, poi fu esiliato. Fu a Firenze, collaborò all'«Antologia». Negli ultimi anni si stabilì a Parma, dove morì. Giordani fu uno scrittore antidogmatico e asistematico. Le sue "Opere" sono state raccolte postume in 14 volumi nel 1854- 1863. Testimonia nella sua esperienza intellettuale il contrasto tra abito retorico e idee nuove, premesse conservatrici in ambito stilistico e valori progressisti. La sua idea di classicità è fondamentalmente omogenea alle sue aspirazioni di progresso civile e di unità nazionale.
Nella lezione degli antichi vede la via per giungere allo svecchiamento della cultura e alla diffusione delle idee tra il popolo. Fu un purista che condannò la poesia oziosa, invitò allo studio della storia, dell'economia, della scienza prima che del latino. Per questo gli intellettuali italici impegnati nella lotta nazionalista, pur non condividendo molte sue idee, lo considerarono un maestro di patriottismo. Né si deve dimenticare il suo rapporto con il giovane Leopardi, cui ispirò la poetica classicista e civilmente impegnata delle prime canzoni.

da http://www.girodivite.it/antenati/xixsec/_giordan.htm
 

 


A Pietro Giordani - Milano

Recanati 30 Aprile 1817

Oh quante volte, carissimo e desideratissimo Signor Giordani mio, ho supplicato il cielo che mi facesse trovare un uomo di cuore d'ingegno e di dottrina straordinario, il quale trovato potessi pregare che si degnasse di concedermi l'amicizia sua. E in verità credeva che non sarei stato esaudito, perché queste tre cose, tanto rare a trovarsi ciascuna da sé, appena stimava possibile che fossero tutte insieme. O sia benedetto Iddio (e con pieno spargimento di cuore lo dico) che mi ha conceduto quello che domandava, e fatto conoscere l'error mio. E però sia stretta, la prego, fin da ora tra noi interissima confidenza, rispettosa per altro in me come si conviene a minore, e liberissima in Lei.

Ella mi raccomanda la temperanza nello studio con tanto calore e come cosa che le prema tanto, che io vorrei poterle mostrare il cuor mio perché vedesse gli affetti che v'ha destati la lettura delle sue parole, i quali se 'l cuore non muta forma e materia, non periranno mai, certo non mai. E per rispondere come posso a tanta amorevolezza, dirolle che veramente la mia complessione non è debole ma debolissima, e non istarò a negarle che ella si sia un po' risentita delle fatiche che le ho fatto portare per sei anni. Ora però le ho moderate assaissimo; non istudio più di sei ore il giorno, spessissimo meno, non iscrivo quasi niente, fo la mia lettura regolata dei Classici delle tre lingue in volumi di piccola forma, che si portano in mano agevolmente, sì che studio quasi sempre all'uso de' Peripatetici, e, quod maximum dictu est, sopporto spesso per molte e molte ore l'orribile supplizio di stare colle mani alla cintola.

O chi avrebbe mai pensato che il Giordani dovesse pigliar le difese di Recanati? O carissimo Sig. Giordani mio, questo mi fa ricordare il si Pergama dextrà. La causa è tanto disperata che non le basta il buono avvocato né le ne basterebbero cento. È un bel dire: Plutarco, l'Alfieri amavano Cheronea ed Asti. Le amavano e non vi stavano.
A questo modo amerò ancor io la mia patria quando ne sarò lontano;
ora dico di odiarla perché vi son dentro, che finalmente" questa povera città non è rea d'altro che di non avermi fatto un bene al mondo, dalla mia famiglia in fuori.

Del luogo dove s'è passata l'infanzia è bellissima e dolcissima cosa il ricordarsi. È un bellissimo dire, qui sei nato, qui ti vuole la provvidenza; dite a un malato: se tu cerchi di guarire, la pigli colla provvidenza; dite a un povero: se tu cerchi d'avvantaggiarti, fai testa alla provvidenza; dite a un Turco: non ti salti in capo di pigliare il battesimo, che la provvidenza t'ha fatto Turco. Questa massima è sorella carnale del Fatalismo.

Ma qui tu sei dei primi, in città più grande saresti dei quarti e dei quinti. Questa mi par superbia vilissima e indegnissima d'animo grande. Colla virtù e coll'ingegno si vuoi primeggiare, e questi chi negherà che nelle città grandi risplendano infinitamente più che nelle piccole? Voler primeggiare colle fortune, e contentarsi di far senza infiniti piaceri, non dirò del corpo del quale non mi preme, ma dell'animo, per amore di comando e per non istare a manca, questa mi par cosa da tempi barbari e da farmi ruggire e inferocire.

Ma qui puoi esser utile più che altrove. La prima cosa, a me non va di dar la vita per questi pochissimi, né di rinunziare a tutto per vivere e morire a prò loro in una tana. Non credo che la natura m'abbia fatto per questo, ne che la virtù voglia da me un sacrifizio tanto spaventoso. In secondo luogo, ma che crede Ella mai? Che la Marca e 'l mezzogiorno dello Stato Romano sia come la Romagna e 'l settentrione d'Italia? Costì il nome di letteratura si sente spessissimo: costì giornali accademie conversazioni librai in grandissimo numero. I Signori leggono un poco. L'ignoranza è nel volgo, il quale se no, non sarebbe più volgo: ma moltissimi s'ingegnano di studiare, moltissimi si credono poeti filosofi che so io. Sono tutt'altro, ma pure vorrebbero esserlo. Quasi tutti si tengono buoni a dar giudizio sopra le cose di letteratura. Le matte sentenze che profferiscono svegliano l'emulazione, fanno disputare parlare ridere sopra gli studi. Un grand'ingegno si fa largo: v'è chi l'ammira e lo stima, v'è chi l'invidia e vorrebbe deprimerlo, v'è una turba che da loco e conosce di darlo. Costì il promuovere la letteratura è opera utile, il regnare coll'ingegno è scopo di bella ambizione.

Qui, amabilissimo Signore mio, tutto è morte, tutto è insensataggine e stupidità. Si meravigliano i forestieri di questo silenzio, di questo sonno universale. Letteratura è vocabolo inudito. I nomi del Panni dell'Alfieri del Monti, e del Tasso, e dell'Ariosto e di tutti gli altri han bisogno di commento. Non c'è uno che si curi d'essere qualche cosa, non c'è uno a cui il nome d'ignorante paia strano. Se lo danno da loro sinceramente e sanno di dire il vero. Crede Ella che un grande ingegno qui sarebbe apprezzato? Come la gemma nel letamaio. Ella ha detto benissimo (e saprà ben dove) che gli studi come più sono rari meno si stimano, perché meno se ne conosce il valore. Così appuntino accade in Recanati e in queste provincie dove l'ingegno non si conta fra i doni della natura.

Io non sono certo una gran cosa: ma tuttavia ho qualche amico in Milano, fo venire i Giornali, ordino libri, fo stampare qualche mia cosa: tutto questo non ha fatto mai altro recanatese a Recineto condito. Parrebbe che molti dovessero essermi intorno, domandarmi i giornali, voler leggere le mie coserelle, chiedermi notizia dei letterati della età nostra. Per appunto. I Giornali come sono stati letti nella mia famiglia, vanno a dormire nelle scansie. Delle mie cose nessuno si cura e questo va bene; degli altri libri molto meno: anzi le dirò senza superbia che la libreria nostra non ha eguale nella provincia, e due sole inferiori. Sulla porta ci sta scritto ch'ella è fatta anche per li cittadini e sarebbe aperta a tutti. Ora quanti pensa Ella che la frequentino? Nessuno mai. Oh veda Ella se questo è terreno da seminarci. Ma e gli studi, le pare che qui si possano far bene?

Non dirò che con tutta la libreria io manco spessissimo di libri, non pure che mi piacerebbe di leggere, ma che mi sarebbero necessari; e però Ella non si meravigli se talvolta si accorgerà che io sia senza qualche Classico. Se si vuoi leggere un libro che non si ha, se si vuoi vederlo anche per un solo momento bisogna procacciarselo col suo danaro, farlo venire di lontano, senza potere scegliere ne conoscere prima di comperare, con mille difficoltà per via. Qui niun altro fa venir libri, non si può torre in prestito, non si può andare da un libraio, pigliare un libro, vedere quello che fa al caso e posarlo: sì che la spesa non è divisa, ma è tutta sopra noi soli. Si spende continuamente in libri, ma la spesa è infinita, l'impresa di procacciarsi tutto è disperata.

Ma quel non avere un letterato con cui trattenersi, quel serbarsi tutti i pensieri per sé, quel non potere sventolare e dibattere le proprie opinioni, far pompa innocente de' propri studi, chiedere aiuto e consiglio, pigliar coraggio in tante ore e giorni di sfinimento e svogliatezza, le par che sia un bei sollazzo?

Io da principio avea pieno il capo delle massime moderne, disprezzava, anzi calpestava, lo studio della lingua nostra, tutti i miei scrittacci originali erano traduzioni dal Francese, disprezzava Omero Dante tutti i Classici, non volea leggerli, mi diguazzava nella lettura che ora detesto: chi mi ha fatto mutar tuono? la grazia di Dio ma niun uomo certamente. Chi m'ha fatto strada a imparare le lingue che m'erano necessarie? la grazia di Dio. Chi m'assicura ch'io non ci pigli un granchio a ogni tratto? Nessuno.

Ma pognamo che tutto questo sia nulla. Che cosa è in Recanati di bello? che l'uomo si curi di vedere o d'imparare? niente. Ora Iddio ha fatto tanto bello questo nostro mondo, tante cose belle ci hanno fatto gli uomini, tanti uomini ci sono che chi non è insensato arde di vedere e di conoscere, la terra è piena di meraviglie, ed io di dieciott'anni potrò dire, in questa caverna vivrò e morrò dove sono nato? Le pare che questi desideri si possano frenare? che siano ingiusti soverchi sterminati? che sia pazzia il non contentarsi di non veder nulla, il non contentarsi di Recanati?

L'aria di questa città l'è stato mal detto che sia salubre. È mutabilissima, umida, salmastra, crudele ai nervi e per la sua sottigliezza niente buona a certe complessioni. A tutto questo aggiunga l'ostinata nera orrenda barbara malinconia che mi lima e mi divora, e collo studio s'alimenta e senza studio s'accresce. So ben io qual è, e l'ho provata, ma ora non la provo più, quella dolce malinconia che partorisce le belle cose, più dolce dell'allegria, la quale, se m'è permesso di dir così, è come il crepuscolo, dove questa è notte fittissima e orribile, è veleno, come Ella dice, che distrugge le forze del corpo e dello spirito. Ora come andarne libero non facendo altro che pensare e vivendo di pensieri senza una distrazione al mondo? e come far che cessi l'effetto se dura la causa?

Che parla Ella di divertimenti? Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è
noia.So che la noia può farmi manco male che la fatica, e però spesso mi piglio la noia, ma questa mi cresce, com'è naturale, la malinconia, e quando io ho avuto la disgrazia di conversare con questa gente, che succede di raro, torno pieno di tristissimi pensieri agli studi miei, o mi vo covando in mente e ruminando quella nerissima materia. Non m'è possibile rimediare a questo né fare che la mia salute debolissima non si rovini, senza uscire di un luogo che ha dato origine al mal e lo fomenta e l'accresce ogni dì più, e a chi pensa non concede nessun ricreamento. Veggo ben io che per poter continuare gli studi bisogna interromperli tratto tratto e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane, ma per far questo io voglio un mondo che m'alletti e mi sorrida, un mondo che splenda (sia pure di luce falsa) ed abbia tanta forza da farmi dimenticare per qualche momento quello che soprattutto mi sta a cuore, non un mondo che mi faccia dare indietro a prima giunta, e mi sconvolga lo stomaco e mi muova la rabbia e m'attristi e mi forzi di ricorrere per consolarmi a quello da cui volea fuggire. Ma già Ella sa benissimo che io ho ragione, e me lo mostra la sua seconda lettera, nella quale di proprio moto mi esortava a fare un giro per l'Italia, benché poi (e so ben io perché) con lodevolissima intenzione della quale le sono sinceramente grato, abbia voluto parlarmi in altra guisa. Laonde ho cianciato tanto per mostrarle che io ho per certissimo quello che Ella ha per certissimo. [...]

Aree tematiche

■ Sfera del corpo

la mia complessione non è debole ma debolissima, e non istarò a negarle che ella si sia un po' risentita delle fatiche che le ho fatto portare per sei anni.

Ora però le ho moderate assaissimo; non istudio più di sei ore il giorno, spessissimo meno, non iscrivo quasi niente, fo la mia lettura regolata dei Classici
 

ed io di dieciott'anni potrò dire, in questa caverna vivrò e morrò dove sono nato?
 

L'aria di questa città è....mutabilissima, umida, salmastra, crudele ai nervi e niente buona per certe complessioni....distrugge le forze del corpo

So che la noia può farmi meno male che la fatica


Non m'è possibile rimediare a questo né fare che la mia salute debolissima non si rovini, .....

Veggo ben io che per poter continuare gli studi bisogna interromperli tratto tratto e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane

■ Sfera delle relazioni umane

Non c'è uno che si curi d'essere qualche cosa, non c'è uno a cui il nome d'ignorante paia strano. Se lo danno da loro sinceramente e sanno di dire il vero. Crede Ella che un grande ingegno qui sarebbe apprezzato? Come la gemma nel letamaio

Qui, amabilissimo Signore mio, tutto è morte, tutto è insensataggine e stupidità. Si meravigliano i forestieri di questo silenzio, di questo sonno universale.

Ma quel non avere un letterato con cui trattenersi, quel serbarsi tutti i pensieri per sé, quel non potere sventolare e dibattere le proprie opinioni, far pompa innocente de' propri studi, chiedere aiuto e consiglio, pigliar coraggio in tante ore e giorni di sfinimento e svogliatezza, le par che sia un bei sollazzo?

Che parla Ella di divertimenti in Recanati ?
Unico divertimento è lo studio. Unico divertimento è quello che mi ammazza

Quando ho avuto la disgrazia di conversare con questa gente torno pieno di tristissimi pensieri ai miei studi

Così appuntino accade in Recanati e in queste provincie dove l'ingegno non si conta fra i doni della natura.
 

■ Malinconia e noia

So che la noia può farmi manco male che la fatica, e però spesso mi piglio la noia, ma questa mi cresce, com'è naturale, la malinconia,..

A tutto questo aggiunga l'ostinata nera orrenda barbara malinconia che mi lima e mi divora, e collo studio s'alimenta e senza studio s'accresce.

non un mondo che mi faccia dare indietro a prima giunta, e mi sconvolga lo stomaco e mi muova la rabbia e m'attristi e mi forzi di ricorrere per consolarmi a quello da cui volea fuggire.

notte fittissima e orribile è veleno che distrugge le forze del corpo e dello spirito.

sopporto spesso per molte e molte ore l'orribile supplizio di stare colle mani alla cintola.

Mi vo covando in mente e ruminando quella nerissima materia.

■ Piacere estetico nel nostalgico ricordo

L'ho provata, ma ora non la provo più, quella dolce malinconia, che partorisce le belle cose, più dolce dell'allegria....la quale, se m'è permesso di dir così, è come il crepuscolo, dove questa è notte fittissima e orribile, è veleno, come Ella dice, che distrugge le forze del corpo e dello spirito.
 

■ Lo studio e il pensiero

Se si vuoi leggere un libro che non si ha, se si vuoi vederlo anche per un solo momento bisogna procacciarselo col suo danaro,

Come andarne libero..(dalla malinconia )
non facendo altro che pensare e vivendo di pensieri senza una distrazione al mondo ?

Veggo ben io che per poter continuare gli studi bisogna interromperli tratto tratto e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane,

Ma quel non avere un letterato con cui trattenersi, quel serbarsi tutti i pensieri per sé, quel non potere sventolare e dibattere le proprie opinioni, far pompa innocente de' propri studi

Che parla Ella di divertimenti? Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia.
 

■ Realizzazioni e divertimenti

Io non sono certo una gran cosa: ma tuttavia ho qualche amico in Milano, fo venire i Giornali, ordino libri, fo stampare qualche mia cosa...

Che parla Ella di divertimenti? Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia.

Veggo ben io che per poter continuare gli studi bisogna interromperli tratto tratto e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane, ma per far questo io voglio un mondo che m'alletti e mi sorrida, un mondo che splenda (sia pure di luce falsa) ed abbia tanta forza da farmi dimenticare per qualche momento quello che soprattutto mi sta a cuore,

Ora come andarne libero non facendo altro che pensare e vivendo di pensieri senza una distrazione al mondo?

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