Antonio Calvani - Elementi di
didattica
Problemi e strategie - Carocci, 2002 |
La didattica si occupa della progettazione, dell'allestimento e della
valutazione di ambienti di
apprendimento, cioè di specifici contesti risultanti da opportune
integrazioni di artefatti culturali, normativi, tecnologici, e di specifiche
azioni umane ritenute atte a favorire processi acquisitivi. Legata
tradizionalmente all'ambito scolastico, la didattica si apre oggi
all'extrascuola, alle tecnologie, al mondo adulto e aziendale;
richieste di didattica sono avanzate anche da enti locali, culturali, musei,
associazioni industriali, aziende, centri sanitari. Si pone così il problema
di definire con maggior precisione quell'insieme di conoscenze e
attitudini metodologiche e critiche che contraddistinguono le competenze
didattiche: la capacità di progettare, allestire e valutare ambienti
funzionali all'apprendimento. Il libro si rivolge a educatori, operatori del
territorio e formatori aziendali che hanno necessità di migliorare la
propria expertise e presenta un'agile sintesi di conoscenze introduttive
in una prospettiva volta a integrare teoria, studio dei casi ed esperienza
diretta sul campo.
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Introduzione
La didattica
(da didaskein = insegnare) riguarda, come noto, l'ambito
dell'insegnamento, il cosa deve fare chi insegna; il contesto di
applicazione della didattica ‘ la scuola , il suo interlocutore principale ‘
l'insegnante, i suoi beneficiari sono i giovani in età evolutiva. Oggi però
si affacciano due cambiamenti: da un lato l'attenzione della didattica si
sposta dal versante dell'insegnamento a quello
dell'apprendimento,
dall'altro, i contesti in cui la didattica si trova ad operare si vengono
articolando. Il come si insegna, e l'istruzione in generale, non hanno oggi
quella centralità posseduta negli anni Sessanta-Settanta, quando la ricerca
si concentrava soprattutto sui modi per allestire e sperimentare
scientificamente i sistemi d'istruzione. Il lavoro di quegli anni
non viene oggi accantonato in quanto il ricco armamentario concettuale e
metodologico che è stato elaborato può risultare ancora utile, magari
ricollocato in contesti diversi.
C'è tuttavia il fatto che nel corso degli anni Ottanta-Novanta si attua un
cambiamento profondo nella cornice di riferimento o, come si usa ormai dire,
nel paradigma; alla base della ricerca sull'istruzione negli anni passati si
assumeva l'esistenza di una connessione forte tra insegnamento ed
apprendimento, individuabile comunque, pur tra molteplici difficoltà ed
elementi di perturbazione possibili; questo rapporto ‘ adesso visto come più
incerto e problematico: il senso inquieto di "una radicale impossibilità di
insegnare" sembra un tratto comune della riflessione educativa dei
nostri giorni. Non ci si riferisce tanto alla consapevolezza della crisi
storica dell'insegnante e della sua difficoltà di stare al passo con le
nuove conoscenze in tempi di obsolescenza così rapidi quali quelli di una
società dell'informazione; si tratta piuttosto di aspetti che
scaturiscono da un diverso atteggiamento verso il processo acquisitivo e la
conoscenza in genere riconosciuti adesso con i tratti di una
maggiore
complessità, in buona parte scarsamente prevedibili, più "incidentali" e
meno riducibili alle formalizzazioni dei modelli precedenti. L'apprendimento
appare un'attività che emerge da istanze profonde, che dà luogo a
ristrutturazioni interne con una varietà imprescrutabile di esiti. Elementi,
tranches di esperienze possono, oppure no, entrare in sinergia con
strutture e dinamiche preesistenti, dando vita a soluzioni assai
diversificate; possiamo predisporre condizioni che offrono opportunità di
apprendere, che con maggiore probabilità possono incoraggiare e
mantenere i processi acquisitivi, ma non possiamo produrre apprendimento:
questo rimane un'attività intimamente non determinabile.
La consapevolezza della scarsa riducibilità degli apprendimenti ai programmi
intenzionali degli educatori e quindi della non linearità del rapporto
insegnamento-apprendimento, che maggiormente caratterizza gli anni Ottanta-Novanta rispetto agli anni Sessanta-Settanta, modifica pertanto la
cornice di riferimento con cui ci accingiamo ad affrontare i problemi della
didattica. Indubbiamente essa induce anche il ricercatore e l'operatore ad
una maggiore umiltà; si potrebbe allora pensare che ciò comporti anche una
crisi della didattica tout court in quanto questa vedrebbe diventare
più evanescente proprio l' ambito originario che aveva giustificato
tradizionalmente la sua ragion d'essere.
Paradossalmente invece oggi la didattica gode di maggiore vitalità. Se il
rapporto insegnamento-apprendimento si problematizza, ciò non implica un
cedimento della ricerca e delle iniziative didattiche, tutt'altro; essa
trova nuovi stimoli per riconfigurarsi spostando la sua attenzione
dall'istruire alle forme della cura e del sostentamento; la
sua attenzione si volge al predisporre le condizioni di accoglienza,
esercizio, mantenimento, consolidamento dei possibili eventi acquisitivi,
alla individuazione concreta di umili sostegni capaci di coadiuvare imprese
di apprendimento in forme flessibili e multidimensionali. Diventa allora
fondamentale la costruzione di
impalcature psicologiche, relazionali e
tecnologiche, capaci di rendere il contesto dell'apprendimento sensibile al
discente e significativa l'avventura dell'apprendimento nel suo complesso.
Parallelamente la didattica si afferma oggi come ambito trasversale,
come un corpus composito di metodologie che non trovano solo nella
scuola il loro unico ambito applicativo; richieste di didattica sono
avanzate in circostanze diverse: enti locali, culturali, consorzi,
associazioni industriali, aziende, editori, centri sanitari chiedono
suggerimenti e collaborazioni per l'allestimento di servizi o attività
formative.
In questo frangente la didattica propone e collauda schemi, criteri, ipotesi
di lavoro, che poi trasferisce, riadattati in contesti diversi, attraverso
una continua cross fertilization. In generale possiamo allora
definire la didattica come un
ambito conoscitivo che
si occupa criticamente
dell'allestimento, consolidamento e valutazione di ambienti di
apprendimento, cioè di specifici contesti, risultanti da opportune
integrazioni di artefatti culturali, normativi, tecnologici e di specifiche
azioni umane, ritenuti atti a favorire processi acquisitivi.
Oltre che sul progettare, allestire, gestire, verificare tali ambienti nel
loro complesso la didattica si può soffermare su aspetti collaterali,
relativi a sistemi o servizi già esistenti (dinamiche interpersonali,
vissuto, concezioni degli attori coinvolti ecc.) con approfondimenti più
specifici al riguardo. La didattica contemporanea tende a caratterizzarsi
per una attitudine problemica e critica; alla schematizzazione univoca essa
contrappone una riflessione aperta basata su comparazioni; confronta più
soluzioni possibili, individua potenzialità alternative, distingue i
problemi secondo molteplici livelli e prospettive.
Sulla natura della didattica hanno influito in passato futili disquisizioni
che l'hanno considerata come ambito di pura attività pratica rispetto ad
altri domini più nobili, sede di saperi teorici, un atteggiamento che a ben
vedere non ‘ molto diverso da quello che si ‘ avuto nei riguardi di altri
settori conoscitivi che sono poi diventati di punta nella ricerca
contemporanea. Oggi è più facile riconoscere che
la didattica
appartiene a quegli ambiti di conoscenza diffusi nella cultura contemporanea
che si caratterizzano per una loro profonda sensibilità al contesto
operativo. Un tale riconoscimento è tutt'altro che penalizzante
perchè gran parte dei saperi contemporanei dal carattere più innovativo ha
questa caratteristica, si
sviluppa in contesti situati, spezzando i tradizionali confini
teoria-pratica; settori come le biotecnologie, la biomedicina, la tecnologia
informatica, l'ecologia ambientale, che hanno messo in crisi la distinzione
generale tra scienza di base e scienza applicativa, non sono in questo molto
diversi dalla didattica, si possono alla stessa .stregua definire
ambiti di conoscenza orientati al
contesto: essi crescono, si espandono e producono nuova teoria
attraverso le soluzioni che offrono dinanzi a specifici problemi ed esigenze
all'interno di particolari domini ed ambiti operativi. Questo libro si
rivolge a studenti, insegnanti, operatori del territorio, formatori
aziendali che hanno necessità di migliorare la propria expertise
didattica. Lo scopo ‘ di mettere il lettore in condizioni di affrontare
problematiche didattiche in base a modalità più vicine ai modi ed
atteggiamenti con cui le affronterebbe attualmente un esperto di questo
settore. L'intenzione appena dichiarata, a ben vedere, risulta molto
impegnativa. Essa presuppone tre elementi:
1. che un
expertise didattica esista e che questa
sia riconoscibile;
2. che tale expertise sia, almeno in parte, trasferibile, in
particolare anche attraverso le forme della comunicazione scritta, che, se
ci è permesso il bisticcio di parole, si possa fare una didattica
della didattica;
3. che la scelta compiuta in questo libro sia infine adatta
a sviluppare tale expertise o comunque si possa inserire in un piano
atto a tale scopo.
Esiste un'expertise didattica? In quali competenze, conoscenze,
comportamenti osservabili o altro si può individuare? In che misura essa è
descrivibile? Come si può, se si può, trasmetterla? Si tratta di questioni tutt'altro che banali che rimangono tuttavia alla base di tutte le altre
speculazioni che si possono fare in questo ambito: solo se si riesce a
descrivere in modo accettabile che cosa si intenda per comportamento
didatticamente esperto e non esperto riusciamo ad intravedere il dominio di
lavoro ed a creare le premesse per rendere valutabili gli eventuali
progressi conseguibili; altrimenti l'area si presenterà misteriosa e
confusa, un ambito di controversie interminabili in cui l'opinione e
l'operato di ciascuno può valere quello di un altro e tutto può andar
ugualmente bene. E' senz'altro vero che l'expertise didattica è solo
parzialmente descrivibile e formalizzabile; conoscenza tacita, non
codificabile, occupa gran parte di ciò di cui un esperto si avvale in
questo come in altri ambiti, comprese le cosiddette scienze dure. E' anche
per certo vero che non esistono tragitti lineari di acquisizione cumulativa
di expertise didattica e che qualunque percorso è necessariamente
niente più che una serie di raccomandazioni che non offriranno garanzie
assolute di risultato. Ciò non toglie tuttavia che non esistano anche
dimensioni che si possono ragionevolmente individuare e definire, proprie
del comportamento esperto, che fanno la differenza nel modo di affrontare i
problemi propri di questo dominio. A nostro avviso l'expertise
didattica va vista essenzialmente come capacità di prospettare soluzioni
articolate, criticamente argomentate e ragionevolmente rendicontabili nei
risultati in tutti quei contesti in cui si affrontino problemi connessi con
l'apprendimento umano. Formulando una prima schematizzazione possiamo dire
che in questo ambito un esperto dinanzi ad un problema riesce a:
1) vederne le implicazioni culturali (di carattere sociale, culturale,
etico) prospettando al riguardo diversi scenari possibili;
2) riconoscere gli elementi strutturalmente caratterizzanti la situazione
(la sua ecologia, la sua possibile evoluzione);
3) elaborare, se richiesto, un progetto articolato criticamente, che tiene
ciò anche conto di possibili fattori di disturbo e controdeduzioni;
4) esplicitare criteri valutativi e scelte ideologiche sottese, rendendo
trasparenti le decisioni operative eventuali;
5) definire e scegliere livelli di affidabilità adeguati che si intendono
garantire nella valutazione dei risultati;
6) selezionare mezzi e tecniche, integrandoli in opportuni dosaggi a seconda
delle circostanze.
Se ci chiediamo poi se l'expertise
didattica si possa insegnare, la
nostra risposta è parzialmente affermativa. Siamo convinti che nonostante
tutte le considerevoli difficoltà esistano delle strade da preferire che
offrono maggiore probabilità di efficacia. Dove ricercarle? Occorre
ripensare alle possibili dinamiche ed integrazioni all'interno di quel
circolo teoria-pratica che da Dewey in poi, attraverso le forme più recenti
di ricerca azione, si presenta sempre come la chiave portante di un corretto
approccio metodologico, che trova oggi nuovo risalto anche negli approcci
del cosiddetto pensiero situato. La strada ci sembra vada individuata nel
dar vita a nuovi circoli teorico-pratici, con
ritorni frequenti,
ricorsivi:
in che modo la teoria può criticizzare il contesto, aiutare la mente a
liberarsi dalla prigionia del concreto, in che modo la pratica può fornire
quell'apporto di autenticità, di motivazione ed indurre la teoria a
riconfigurarsi dando luogo a nuova conoscenza contestualizzata. Sia pratica
che teoria possono rappresentare anche fattori di disturbo e di
travisamento; la teoria può orientare verso speculazioni in sè anche
affascinanti ma che poco hanno a che fare con i problemi da affrontare; può
altresì favorire delle gabbie mentali, inducendo a trovare ad ogni costo una
conferma degli schemi astratti; la pratica, dal canto suo, può diventare
dispersiva, inconcludente ed essere fonte di altre cecità, può tendere a
naturalizzare, assolutizzare l'evenienza occasionale, l'hic et nunc,
e rendere incapaci di una visione decontestualizzata.
Nelle esperienze di formazione non è sufficiente un quid di pratica
né è valida in assoluto l'equazione "tanta più pratica tanta più
expertise
(2)
; la pratica a scopo formativo è comunque un'attività che va necessariamente
precostituita, attraverso una preselezione di condizioni ottimali, filtrate,
corredate di strumentazioni ed evenienze particolarmente atte a far emergere
specifiche problematiche e riflessioni.
Dinanzi ad una conoscenza teorica per lo più inerte e ad una pratica
dispersiva ed assolutizzante, la teoria dovrebbe criticizzare e
virtualizzare la pratica, la pratica ancorare e riconfigurare la
teoria stessa. In generale una strada preferenziale è quella che ricorre
a forme di
apprendimento critico calate nel contesto; si tratta di
mettere in situazione gli
apprendisti creando percorsi che partono da problemi significativi e
portano, per così dire, ad inciampare nei problemi,
cioè nelle condizioni
di criticità e problematicità che inducono ad andare oltre il contesto stesso
con il supporto di elementi di riflessività e teoria più raffinati.
In questo approccio la componente teorica può
tuttavia svolgere un ruolo particolare, soprattutto in fase preliminare;
al punto di partenza dovrebbe essere presente un certo input di teoria; la
percezione stessa della rilevanza dei problemi può essere troppo bassa,
specialmente in soggetti del tutto inesperti, al punto da renderli
completamente incapaci di cogliere le sollecitazioni possibili provenienti
dalla stessa pratica; le esperienze concrete possono così essere vissute
passivamente, la situazione concreta schiaccia il soggetto che non ha gli
strumenti minimi per analizzarla ed afferrarne il senso. Si tratta di
valutare quali degli aspetti teorici (strumenti linguistici, concettuali,
metodologici) sia più opportuno impiegare in rapporto con le forme
concrete offerte dalla pratica e quali siano le integrazioni ottimali
conseguibili, in fase iniziale, intermedia, avanzata.
E' vero che la preparazione teorica non può consentire situazioni
avvincenti come quelle che si producono quando si è in situazione; si
possono tuttavia presentare scenari e canovacci di lavoro più o meno
strutturati attraverso forme di simulazione, passando poi, in seconda
istanza, allo studio dei casi, un altro aspetto importante della
preparazione teorica. Studiare un caso significa creare una situazione
fittizia ma verosimile nella quale si colloca il problema oggetto di studio:
descritta la situazione si cerca di dare una risposta articolata al
problema, valutando criticamente i pro ed i contro delle alternative
possibili.
Venendo invece alla dimensione pratica, o del lavoro sul campo, è importante
che in questa si mettano a confronto esperienze diverse. Il limite
tradizionale delle forme di apprendistato tradizionale era determinato dalla
loro dipendenza univoca dal contesto specifico.
Occorre dar vita a forme di apprendistato critico, espressione con la quale
intendiamo una integrazione
di esperienze opportunamente diversificate in quanto
varianti
intenzionali di contesti analoghi o contesti volutamente antitetici,
intrecciate con momenti di rißessione in cui ci si interroga sulla
comparabilit‹ e trasferibilit‹ degli approcci e delle metodologie impiegati.
Volendo rappresentare sinteticamente la metodologia che andiamo prospettando
possiamo avvalerci della figura 1 |
In questo
lavoro ci siamo preoccupati di predisporre le condizioni per una prima
sensibilizzazione attraverso la presentazione di una serie di scenari
operativi tipici e l'individuazione delle componenti teoriche che a nostro
avviso possono avere maggiore efficacia nella fase di avvio di un processo
che dovrebbe poi prevedere anche lavori diretti nel campo. Più
analiticamente il libro si presenta organizzato in cinque capitoli.
Nel primo
capitolo (Alla ricerca di problemi e casi) abbiamo cercato di
circoscrivere il campo di lavoro in termini di situazioni reali, problemi da
affrontare, competenze richieste; da un lato si presentano alcuni casi
tipici che richiedono specifiche competenze didattiche, dall'altro si
intende indurre il lettore a rendere esplicite le preconoscenze di cui
dispone fornendo una prima risposta, anche intuitiva, alle problematiche
cruciali, intorno a cui si forniranno alcuni riferimenti nei capitoli
successivi.
Nel secondo capitolo (Cornice storica e teorica) si presenta una
rapida panoramica storica di orientamenti ed autori particolarmente
rilevanti nella riflessione didattica. Nel terzo capitolo (Ambiti e
contesti della didattica) si introducono le specificità delle diverse
didattiche in rapporto ai differenti contesti (scolastica, extrascolastica,
per adulti, tecnologica).
Il quarto capitolo (La dimensione progettuale e strategica) presenta
formati e strategie più noti che costituiscono l'armamentario essenziale
della didattica nella sua dimensione progettuale ed operativa. Il quinto
capitolo (La dimensione metodologica e conoscitiva) si sofferma
sinteticamente sugli aspetti metodologici essenziali e sugli strumenti
indispensabili alla attivit‹ didattica come forma di indagine ed
acquisizione documentaria di dati. I capitoli sono integrati da diverse
schede di approfondimento, che riprendono alcune tematiche o concetti
trattandoli con maggior dettaglio.
Tra il primo capitolo ed i seguenti si ipotizza un andamento ricorsivo. Il
suggerimento ‘ quello di attrezzarsi con un dossier di lavoro personale,
come indicato nel primo capitolo, e di cercare di rispondere intuitivamente
al maggior numero possibile dei problemi presentati all'inizio, di passare
poi alla lettura-studio degli altri capitoli, di ritornare infine sulla
prima parte, riesaminando le risposte già formulate e completandole con
l'apporto di quanto eventualmente emerso sulla base dello studio delle altri
parti. Il materiale informativo potr‹ apparire incompleto agli addetti ai
lavori in questa che vuol rimanere un'agile sintesi introduttiva; esso del
resto si integra con una parte più estesa che trova la sua collocazione nel
sito Internet del laboratorio didattico, che ha registrato negli ultimi anni
una significativa espansione, per merito dei diversi collaboratori, esperti
delle varie aree e laureandi/neolaureati che hanno congiuntamente concorso
via via a svilupparlo (indirizzo Internet:
http://www.scform.unifi.it/lte/
).
Con il presente lavoro vogliamo allora anche favorire una proficua
integrazione tra libro e risorsa telematica, affidando al primo i
riferimenti essenziali, alla seconda approfondimenti, bibliografie più
specialistiche e in generale, dati più dinamici, cioè più soggetti ad
aggiornamento e modifica, in un campo in continua espansione e dalle
innumerevoli ramificazioni, inclusivi altresì di uno spazio per l'apporto
attivo dei lettori e di altri esperti eventualmente interessati alle
tematiche in questione.
Firenze, gennaio
2000
(1)
Parliamo di ambito conoscitivo e non di scienza allo stesso modo in cui
avremmo fatto anche a proposito di altri ambiti (comprese le cosiddette
scienze dure ). Il concetto di scienza ‘ oggi oggetto di forti controversie;
i confini tra scienza e non scienza sono problematici. é preferibile parlare
di ambiti di conoscenza che forniscono gradi minori o maggiori di
affidabilità. Da questo punto di vista la didattica ‘ sufficientemente
accreditata, non solo per la forte richiesta sociale che di per sè la
legittima ma soprattutto in quanto ha in sè gli strumenti necessari per
raggiungere ragionevoli livelli di affidabilità e rendicontazione.
(2) Consideriamo quello che accade
nell'insegnamento. é certamente ragionevole affermare che insegnanti attivi
da 10 anni hanno un'expertise
di didattica scolastica mediamente superiore a quella di colleghi al
primo giorno di insegnamento. Ma potremmo analogamente dire che insegnanti
che insegnano da 30 anni sono didatticamente piš esperti di quelli che lo
fanno da 10 anni? é evidente che al di l‹ di una certa soglia il fattore
pratica d'insegnamento, non fa più la differenza: intervengono allora altri
fattori.
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