Grafo dinamico di carattere riaggregativo
dell'intreccio
del primo canto dell'Orlando furioso
Schema strutturale
dell'Orlando furioso
Sequenze narrative
1) Campo cristiano. Orlando e Rinaldo sono innamorati
della bella Angelica. Carlo la affida al duca Namo di Baviera |
Commento del primo canto
La protagonista del canto è Angelica, con la sua fuga. In realtà la donna non è "attiva" (nel senso che non prende iniziative che muovano l'azione) ma muove l'azione in quanto - fatta oggetto di desiderio - subisce l'iniziativa (ricerca) degli altri personaggi. Essa vive soprattutto nella relazione con gli altri attori della vicenda, non ha un'identità fissa e immutabile. Perciò non spiccano individualità nette nel poema, quasi mai vengono approfonditi i risvolti psicologici imani, ma dominano complicate trame di relazioni.
L'incastro L'incastro. L'Ariosto usa largamente un artificio narrativo tradizionale nel romanzo cortese, l'entrelacement o incastro fra le varie storie, che consiste nella narrazione di esse in modo intermittente, interrompendo la prima per inserire la trattazione parziale d'una seconda, poi d'una terza, per ritornare poi alla prima, interromperla di nuovo per completare la seconda, e così via. Ne risulta una sequenza di segmenti narrativi, con un ordine apparentemente fortuito (anche se, in realtà, rivela una tecnica di montaggio assai raffinata), che si compone peraltro, nel Furioso, con la convergenza, sull'esempio dell'epopea classica. verso un fine e verso un racconto organico, articolato sulle tre storie di cui s'è detto. L'Ariosto fonde cioè la tecnica della trasmissione orale del poema o racconto (prevalente nell'epopea cavalleresca medievale o nel romanzo cortese, dove l’entrelacement è un espediente per mantenere viva l'attenzione dell'uditorio) e quella della trasmissione scritta, incentrata sul libro e sulla lettura (il poema classico greco-romano, il suo ideale di unità nella varietà). In questo canto, inizio di varie avventure, la vicenda è di continuo spezzata e intrecciata con altre. Angelica fug-ge, ma incontra Rinaldo; fugge e incontra Ferraù che s'azzuffa con Rinaldo; fugge ancora, e intanto Ferraù trova un nuovo oggetto del desiderio, dimenticando Angelica, l'elmo di Orlando, che lo coinvolgerà in nuove avventure. Intanto Angelica incontra Sacripante...; e così via. Ogni personaggio, in tal modo, incomincia un movimento verso l'oggetto del proprio desiderio, balenato per un attimo e perduto; comune, spesso, a più d'un cavaliere (il che porta a un intrecciarsi di varie storie) e reso di continuo irraggiungibile dal complesso, intricato, imprevedibile svolgersi della vita. Ma la costante tensione emotiva del personaggio, il crescere e ingigantirsi del desiderio nella fantasia, la continua vicenda di illusione e delusione determinano una struttura labirintica nella narrazione, un continuo andirivieni che diventa emblematico della vicenda interiore del personaggio. La struttura narrativa appare così commisurata all'esperienza psicologica, riflessa, tuttavia, di preferenza nel gesto e nell'azione.
E' un'altra legge interna all'opera, che si delinea chiara fin dall'inizio: ■ muta la protagonista, che non ha, come s'è detto, un suo profilo inequivocabile, ma "diventa" secondo le circostanze, ora "donzella spaventata", tenera e fragile, ora astuta e calcolatrice; ora dea della natura, bellissima, serena e placida. ■ mutano gli oggetti della ricerca e del desiderio. Rinaldo onsegue il suo cavallo, Ferraù l'elmo di Argalia. Poi tutti e due la donna. Poi di nuovo su cavallo ed elmo. Diversità, dunque, e calcolate simmetrie, in cui l'oggetto del desiderio muta costantemente e viene di continuo sostituito. ■ Quello che appare disordine - e lo era nell'Innamorato del Boiardo - qui è ordine nascosto, equilibrio, armonia. ■ muta la scenografia. La foresta è orrida e selvaggia prima, poi è oasi di pace. ■ Vengono qui riutilizzati due "luoghi" (=tropi) classici della tradizione letteraria: il locus amoenus (idillico) e la selva orrida (dantesca). La donna che fa tutt'uno con la natura è luogo letterario molto ripetuto, dagli stilnovisti in poi. E' un esempio del dissimulato (però intensissimo) classicismo del Furioso. ■ mutano le convinzioni, i comportamenti dei personaggi. Esempio lampante è Sacripante: ora delicato cantore della verginità femminile, ora spregiudicato seduttore. Un altro esempio è Angelica stessa: ora inorridita e fuggente, ora astuta e fredda, ipocrita e civetta, ora bella placida e serena.
Il meccanismo che governa il mutamento non è, però, casuale, ma risponde ad un principio, quello dell'attesa delusa. Le cose cambiano sì, ma nel modo meno aspettato, deludono le attese, le speranze e i progetti e le intenzioni sortiscono effetti contrari a quelli voluti. Infatti i cavalieri non trovano quello che cercano e trovano quello che non hanno cercato. Questo meccanismo apre, svela, un tema cruciale: i parziali e isolati smacchi preludono all'attesa delusa centrale e dominante, da cui scaturisce la follia di Orlando e, a livello non tragico, alludono alla magia del castello di Atlante, luogo delle vanità, come la Luna indagata da Astolfo.
Naturalmente questa trama ideologica e questo sentimento della vita incidono sullo stile: domina nel canto un segno retorico che, in senso lato, può dirsi ossimoro. Cominciando dal titolo, proseguendo nella seconda ottava (furore/matto - saggio). Tutto il poema sembra fondarsi sull'ironica, sorridente, giustapposizione di episodi e personaggi fra loro contrastanti, sull'allineamento di situazioni che si smentiscono a vicenda. E' però anche vero che l'ossimoro non distrugge con il suo pluralismo l'autonomia dei singoli elementi. Cioè Angelica "è" l'agnello incalzato dai lupi, ma "è" - anche - utilitaristica femmina che sfrutta la passione di Sacripante ecc.
Proprio nel mezzo di questi "ossimori" scatta più incisiva la reazione personale, il commento del poeta alla vicenda narrata, sempre improntato a ironico distacco, a contemplazione saggia, divertita e amara di quello che è la vita, ma tuttavia, come standosene un po' "al di fuori". ** Ecco il giudicio uman come spesso erra…: ed entra in campo la lunga metafora dell'errare, verbo tipico dei luoghi cruciali del poema, verbo della follia d'amore e della ricerca della felicità, sempre però delusa. ** Oh gran bontà dei cavallieri...: ed è qui liquidata, senza clamori, la contrapposizione medievale in nome della fede. Qui vige il codice cavalleresco dell'onore, del rispetto che, umanisticamente, scarta ogni "razzismo" ideologico. ** Forse era ver, ma non però credibile...: qui Ariosto s'insinua per gettare un seme di dubbio e per dirci che, in fondo, Angelica è donna, non dea sovrumana (e la riconduce, perciò, all'umanità e spezza col realismo il pericoloso incanto della favola). Ma c'è di più: "l'azione distruttiva di questo commento si proietta oltre: essa vuole creare fin dall'inizio i presupposti concreti della visione molteplice del poema, un controcanto realistico e demistificante "rispetto all'idealismo un po' medievale di Orlando." |