Per un lungo periodo la risicoltura ha fruito di
una particolare condizione economica che l'ha resa una sorta di isola
tranquilla nell'agitato contesto generale dell'agricoltura italiana ed
europea. A questa situazione ha indubbiamente concorso il fatto che la
Comunità si presenta deficitaria per questo prodotto. Inoltre nell'Unione
Europea vi sono alcuni paesi forti produttori e consumatori di riso,
collocati nell'area meridionale dello spazio comunitario e guidati
dall'Italia, ed altri paesi consumatori ma non produttori, posti nell'area
centro-settentrionale.
Tuttavia nella seconda metà degli anni '90
una crisi di dimensioni molto consistenti ha investito il settore risicolo.
Tale crisi in particolare appare molto grave e pesante nelle aree
tradizionalmente dedite a questa produzione, localizzate in Piemonte e
Lombardia. Il sistema produttivo
risicolo, infatti, presenta una concentrazione territoriale che non
ha eguali nell'agricoltura del nostro paese. Il forte impatto di questa
attività sull'economia agricola complessiva di queste aree ed anche sul
contesto sociale e sull'ambiente locale ha da tempo indotto a considerare le
possibilità di individuare, per la risicoltura padana e in particolare per
quella dell'area piemontese, l'esistenza di un distretto produttivo
specifico che fosse assimilabile per una serie di caratteri alla categoria
dei distretti industriali marshalliani.
Il concetto di
distretto industriale marshalliano
( 1 )
Per analizzare il sistema industriale italiano diversi studi negli
anni recenti hanno utilizzato come
approccio interpretativo il distretto industriale marshalliano
(DIM), ritenendo che tale strumento analitico sia particolarmente adatto alla realtà
produttiva nazionale. E' noto, infatti,
come la struttura industriale italiana sia caratterizzata da un rilevante
numero di piccole e medie imprese che costituiscono un tessuto produttivo dinamico, con un considerevole peso nel sistema economico. A differenza,
quindi, di altri paesi industrializzati dove si riscontrano numerosi gruppi
industriali di grandi dimensioni e livelli di
concentrazione industriale più elevati di quelli nazionali, il
modello di sviluppo italiano appare maggiormente basato sulle piccole e medie
imprese. A questa considerazione di tipo dimensionale se ne può aggiungere
un'altra di tipo territoriale. Si osservano, infatti,
specifiche aree del
paese dove le imprese sono specializzate nella realizzazione di un
determinato prodotto e costituiscono un particolare sistema economico
locale.
Queste due considerazioni, cioè la
diffusione di piccole-medie
imprese e la
specializzazione produttiva di determinate aree territoriali,
costituiscono i presupposti di base per poter parlare di
distretto
industriale. In termini molto generali si può ipotizzare, quindi, che
un distretto sia caratterizzato dalla
specializzazione produttiva di piccole-medie imprese localizzate in una
determinata area, cioè in un sistema locale.
Marshall
( 1927 ), infatti, parla di "concentrazione di industrie specializzate in
località particolari".
Sviluppando il concetto di DIM, si sottolinea in altri economisti
l'importanza, in
"un'area territoriale circoscritta naturalisticamente e storicamente",
della
"compresenza attiva" di una
"popolazione di imprese" e di una "comunità
di persone", mettendo in luce anche gli aspetti sociali legati alla
popolazione residente nel distretto. Altre caratteristiche salienti del DIM
sono rappresentate dalla
scomponibilità dei processi produttivi in fasi, dalla realizzazione di
economie
esterne di agglomerazione ( esterne all'impresa ma interne al
distretto ) e dalla
particolare
"atmosfera industriale" che incide sulla formazione e sulla professionalità
.
Il concetto distrettuale è stato recepito a livello giuridico dalla
317 / 91
che all'articolo 36 definisce i distretti industriali come "aree
territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole
imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle
imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva
dell'insieme delle imprese". In tale definizione, pertanto, si ritrovano
gli elementi delineati precedentemente per il DIM.
Nella legge citata viene attribuito alle
regioni il
compito di
individuare le aree distrettuali, sulla base di un decreto del
Ministro dell'industria che fissa gli indirizzi e i parametri di
riferimento. | L'individuazione di tali aree distrettuali permette
il finanziamento di progetti innovativi mediante consorzi di sviluppo
industriale.
Il distretto agro-industriale del riso
Il concetto di DIM è
quindi passato da uno strumento teorico interpretativo ad uno strumento
per gli incentivi di politica industriale.
Se, pertanto, risulta abbastanza delineato il quadro sia analitico che
normativo per gli interventi nei distretti industriali,
non altrettanto si
può dire per i distretti agro-industriali. Ciò sostanzialmente per
due ragioni.
- Da un lato, è necessario approfondire gli aspetti analitici del
distretto agro-industriale, con l'individuazione di variabili e parametri di
riferimento.
- Dall'altro, non c'è una normativa che delinea le caratteristiche
specifiche dei distretti agro-industriali e li differenzia da quelli
unicamente "industriali". Iniziative legislative su questo argomento si
riscontrano solo in alcune regioni.
Secondo
lacoponi (
1990 ) ( 3 ) si può parlare di distretto
agro-industriale quando si verificano le seguenti condizioni:
a) realizzazione di un prodotto tipico
b) scomponibilità e divisibilità del processo produttivo
e) concentrazione e specializzazione delle imprese
d) relazioni interindustriali che creano un mercato comunitario
e) relazioni interpersonali favorevoli ad una speciale atmosfera informativa
Sulla base delle indicazioni che si desumono dagli studi sul DIM e dei
dati raccolti sul sistema del riso, si possono delineare
alcuni elementi che caratterizzano
l'area risicola nord-occidentale:
• un'area geograficamente circoscritta specializzata nella produzione risicola
• una elevata
concentrazione territoriale delle imprese risicole;
• una contemporanea
elevata concentrazione territoriale dell'industria risiera, dove si
riscontrano molte piccole e medie imprese;
• una scomposizione del
processo produttivo del riso (servizi per le imprese agricole, produzione
della materia prima agricola, trasformazione industriale,
commercializzazione) e, nel contempo, una forte interrelazione fra le
diverse fasi della filiera dovuta all'interscambio commerciale e alla
vicinanza territoriale;
• una rilevante quota
produttiva dell'area nel mercato nazionale ed europeo;
• una diffusione di una
particolare "atmosfera produttiva" nell'area, legata alla tradizione e alla
cultura del riso e ai riflessi di questa attività sul piano sociale,
territoriale e ambientale.
Queste caratteristiche, che si riscontrano nel sistema territoriale risicolo
nord-occidentale, possono essere utili per valutare l'ipotesi distrettuale
relativamente a tale area.
Gli obiettivi del
Distretto del riso
( 2 )
L'area risicola piemontese sembra caratterizzarsi per
un insieme di condizioni che consentono di rilevare la presenza di uno di
quei sistemi produttivi territoriali che vengono definiti come distretti e
che nella fattispecie possono essere riferiti alla categoria dei distretti
agro-industriali. In particolare si possono riscontrare i seguenti elementi
essenziali:
1) un ambito territoriale omogeneo per caratteristiche produttive e
ambientali con una coerenza che ne consente la concreta identificazione
sul piano geografico;
2) una pluralità di imprese e di famiglie che si dedicano alle
attività proprie della filiera risicola e che condividono uno
specifico interesse economico ad essa connesso;
3) un solido radicamento della filiera nel territorio all'interno del
quale essa è interamente rappresentata e che include le attività della
fornitura di mezzi e di servizi, comprese la formazione e la ricerca, delle
lavorazioni agricole per conto terzi, della produzione, della trasformazione
e della commercializzazione;
4) un forte legame fra attività produttiva e vita culturale e
sociale delle popolazioni del territorio interessato;
5) un ambiente naturale e un paesaggio agrario fortemente connotati dalla
presenza nel tempo della coltivazione del riso.
Se dunque le condizioni per
arrivare alla definizione del distretto sono tutte presenti e realizzate, si
tratta di dare un concreto contenuto operativo chiarendo quali siano
gli obiettivi che si potrebbero conseguire attraverso la sua
formalizzazione.
Obiettivo centrale ed
unificante è la
valorizzazione complessiva del territorio del distretto del riso
attraverso una serie di obiettivi collaterali fortemente connessi fra loro.
- Il primo di essi in
ordine logico è costituito dalla valorizzazione e quindi dal
consolidamento della presenza della risicoltura nel territorio.
Questo obiettivo è ovviamente l'elemento chiave di tutto il progetto
per evidenti ragioni poiché rappresenta il cardine su cui si fonda l'ipotesi
stessa di distretto. D'altro canto l'importanza della risicoltura in quest'area
è tale da sollecitare un costante e concreto interesse al suo sviluppo.
Problemi non minori si pongono se si considera che il
quadro normativo relativo alle
produzioni agricole è di fatto quasi totalmente determinato sul piano
comunitario e perciò gli ambiti di intervento lasciati all'azione
regionale appaiono fortemente limitati. E' necessario perciò ipotizzare tipologie di
interventi che siano compatibili con quelli previsti dall'UE e che
agiscano nell'ambito della libertà d'azione consentita allo stato nazionale
che nel nostro paese è fortemente sostituito dalla Regione.
- Un secondo obiettivo, strettamente collegato al primo, riguarda
la possibile
valorizzazione delle attività connesse alla produzione agricola, ciò
con il fine del consolidamento complessivo del sistema risicolo sul piano
territoriale. Anche in questo caso, tuttavia, è necessaria un'attenta
ricognizione degli ambiti possibili di intervento per evitare di
orientarsi su misure che poi sarebbero incompatibili con il quadro normativo
esistente.
-
Un altro obiettivo è quello del
rafforzamento del
legame fra la risicoltura ed il territorio in modo da radicare in
maniera sempre più forte quest'attività nel contesto locale in cui essa si
esercita. Ciò comporta una serie di interventi mirati a mettere in
evidenza il rapporto fra prodotto e territorio nella cultura, nelle
tradizioni storiche locali, nella formazione del paesaggio della risaia,
negli usi alimentari.
Il risultato finale dell'azione da progettare e da sviluppare è dunque
quello di rafforzare una situazione di fatto già esistente facendo
leva su una pluralità di elementi presenti
ma normalmente non collegati fra
loro in maniera organica e soprattutto finalizzata alla valorizzazione
complessiva dell'intero sistema produttivo locale. La
creazione del distretto può rappresentare in questo senso l'elemento di
coagulo e di sistematizzazione
di una serie di interventi o di azioni che comunque verrebbero attuati da
parte dei singoli operatori o delle istituzioni ma in un contesto meno
organico e coordinato.
Le gravi difficoltà incontrate dalla
risicoltura in questa fase non possono certamente essere superate con questo
progetto per gli ovvi limiti di un'iniziativa a carattere
territoriale di fronte ad un problematica legata sostanzialmente
all'internazionalizzazione del mercato ed alla sua tendenziale
globalizzazione nel quadro di una costante contrazione del ruolo
protezionistico delle politiche agrarie. Tuttavia, l'intento di fondo
dell'ipotesi di distretto è quello di
fornire un
supporto locale al sistema produttivo per consentirgli di adattarsi e
di conformarsi alle esigenze che il nuovo quadro normativo e la situazione
dei mercati agricoli stanno facendo emergere. Si tratta cioè di un
intervento complementare a quello già in corso da parte dei livelli
normativi superiori.
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