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L'ipotesi di creazione
del Distretto agro- industriale del riso


Localizzazione della superficie risicola italiana - 1997 - Elaborazione sui dati dell'ente Nazionale Risi
in - D. Casati, A. Banterle, L.Baldi, Il distretto agro-industriale del riso, Franco Angeli, 1999
 


Aree potenzialmente coinvolte nella creazione di in Distretto agro-industriale del riso: il Vercellese, il Novarese e la Lomellina pavese.
 

Per un lungo periodo la risicoltura ha fruito di una particolare condizione economica che l'ha resa una sorta di isola tranquilla nell'agitato contesto generale dell'agricoltura italiana ed europea. A questa situazione ha indubbiamente concorso il fatto che la Comunità si presenta deficitaria per questo prodotto. Inoltre nell'Unione Europea vi sono alcuni paesi forti produttori e consumatori di riso, collocati nell'area meridionale dello spazio comunitario e guidati dall'Italia, ed altri paesi consumatori ma non produttori, posti nell'area centro-settentrionale.

Tuttavia nella seconda metà degli anni '90 una crisi di dimensioni molto consistenti ha investito il settore risicolo. Tale crisi in particolare appare molto grave e pesante nelle aree tradizionalmente dedite a questa produzione, localizzate in Piemonte e Lombardia. Il sistema produttivo risicolo, infatti, presenta una concentrazione territoriale che non ha eguali nell'agricoltura del nostro paese. Il forte impatto di questa attività sull'economia agricola complessiva di queste aree ed anche sul contesto sociale e sull'ambiente locale ha da tempo indotto a considerare le possibilità di individuare, per la risicoltura padana e in particolare per quella dell'area piemontese, l'esistenza di un distretto produttivo specifico che fosse assimilabile per una serie di caratteri alla categoria dei distretti industriali marshalliani.

Il concetto di distretto industriale marshalliano ( 1 )

Per analizzare il sistema industriale italiano diversi studi negli anni recenti hanno utilizzato come approccio interpretativo il distretto industriale marshalliano (DIM), ritenendo che tale strumento analitico sia particolarmente adatto alla realtà produttiva nazionale. E' noto, infatti, come la struttura industriale italiana sia caratterizzata da un rilevante numero di piccole e medie imprese che costituiscono un tessuto produttivo dinamico, con un considerevole peso nel sistema economico. A differenza, quindi, di altri paesi industrializzati dove si riscontrano numerosi gruppi industriali di grandi dimensioni e livelli di concentrazione industriale più elevati di quelli nazionali, il modello di sviluppo italiano appare maggiormente basato sulle piccole e medie imprese. A questa considerazione di tipo dimensionale se ne può aggiungere un'altra di tipo territoriale. Si osservano, infatti, specifiche aree del paese dove le imprese sono specializzate nella realizzazione di un determinato prodotto e costituiscono un particolare sistema economico locale.
Queste due considerazioni, cioè la diffusione di piccole-medie imprese e la specializzazione produttiva di determinate aree territoriali, costituiscono i presupposti di base per poter parlare di distretto industriale. In termini molto generali si può ipotizzare, quindi, che un distretto sia caratterizzato dalla specializzazione produttiva di piccole-medie imprese localizzate in una determinata area, cioè in un sistema locale. Marshall ( 1927 ), infatti,  parla di "concentrazione di industrie specializzate in località particolari".


Sviluppando il concetto di DIM, si sottolinea in altri economisti  l'importanza, in "un'area territoriale circoscritta naturalisticamente e storicamente", della "compresenza attiva" di una "popolazione di imprese" e di una "comunità di persone", mettendo in luce anche gli aspetti sociali legati alla popolazione residente nel distretto. Altre caratteristiche salienti del DIM sono rappresentate dalla scomponibilità dei processi produttivi in fasi, dalla realizzazione di economie esterne di agglomerazione ( esterne all'impresa ma interne al distretto ) e dalla particolare "atmosfera industriale" che incide sulla formazione e sulla professionalità .

Il concetto distrettuale è stato recepito a livello giuridico dalla 317 / 91 che all'articolo 36 definisce i distretti industriali come "aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese". In tale definizione, pertanto, si ritrovano gli elementi delineati precedentemente per il DIM.
Nella legge citata viene attribuito alle regioni il compito di individuare le aree distrettuali, sulla base di un decreto del Ministro dell'industria che fissa gli indirizzi e i parametri di riferimento. | L'individuazione di tali aree distrettuali permette
il finanziamento di progetti innovativi mediante consorzi di sviluppo industriale.

Il distretto agro-industriale del riso

Il concetto di DIM è quindi passato da uno strumento teorico interpretativo ad uno strumento per gli incentivi di politica industriale.
Se, pertanto, risulta abbastanza delineato il quadro sia analitico che normativo per gli interventi nei distretti industriali, non altrettanto si può dire per i distretti agro-industriali. Ciò sostanzialmente per due ragioni.
- Da un lato, è necessario approfondire gli aspetti analitici del distretto agro-industriale, con l'individuazione di variabili e parametri di riferimento.
- Dall'altro, non c'è una normativa che delinea le caratteristiche specifiche dei distretti agro-industriali e li differenzia da quelli unicamente "industriali". Iniziative legislative su questo argomento si riscontrano solo in alcune regioni.

Secondo lacoponi ( 1990 ) ( 3 ) si può parlare di distretto agro-industriale quando si verificano le seguenti condizioni:
a) realizzazione di un prodotto tipico
b) scomponibilità e divisibilità del processo produttivo
e) concentrazione e specializzazione delle imprese
d) relazioni interindustriali che creano un mercato comunitario
e) relazioni interpersonali favorevoli ad una speciale atmosfera informativa

Sulla base delle indicazioni che si desumono dagli studi sul DIM e dei dati raccolti sul sistema del riso, si possono delineare alcuni elementi che caratterizzano l'area risicola nord-occidentale:

•  un'area geograficamente circoscritta specializzata nella produzione risicola

•  una elevata concentrazione territoriale delle imprese risicole;

• una  contemporanea elevata  concentrazione territoriale dell'industria risiera, dove si riscontrano molte piccole e medie imprese;

• una scomposizione del processo produttivo del riso (servizi per le imprese agricole, produzione della materia prima agricola, trasformazione industriale, commercializzazione) e, nel contempo, una forte interrelazione fra le diverse fasi della filiera dovuta all'interscambio commerciale e alla vicinanza territoriale;

• una rilevante quota produttiva dell'area nel mercato nazionale ed europeo;

• una diffusione di una particolare "atmosfera produttiva" nell'area, legata alla tradizione e alla cultura del riso e ai riflessi di questa attività sul piano sociale, territoriale e ambientale.

Queste caratteristiche, che si riscontrano nel sistema territoriale risicolo nord-occidentale, possono essere utili per valutare l'ipotesi distrettuale relativamente a tale area.

Gli obiettivi del Distretto del riso ( 2 )

L'area risicola piemontese  sembra caratterizzarsi per un insieme di condizioni che consentono di rilevare la presenza di uno di quei sistemi produttivi territoriali che vengono definiti come distretti e che nella fattispecie possono essere riferiti alla categoria dei distretti agro-industriali. In particolare si possono riscontrare i seguenti elementi essenziali:
1) un ambito territoriale omogeneo per caratteristiche produttive e ambientali con una coerenza che ne consente la concreta identificazione sul piano geografico;
2) una pluralità di imprese e di famiglie che si dedicano alle attività proprie della filiera risicola e che condividono uno specifico interesse economico ad essa connesso;
3) un solido radicamento della filiera nel territorio all'interno del quale essa è interamente rappresentata e che include le attività della fornitura di mezzi e di servizi, comprese la formazione e la ricerca, delle lavorazioni agricole per conto terzi, della produzione, della trasformazione e della commercializzazione;
4) un forte legame fra attività produttiva e vita culturale e sociale delle popolazioni del territorio interessato;
5) un ambiente naturale e un paesaggio agrario fortemente connotati dalla presenza nel tempo della coltivazione del riso.

Se dunque le condizioni per arrivare alla definizione del distretto sono tutte presenti e realizzate, si tratta di dare un concreto contenuto operativo chiarendo quali siano gli obiettivi che si potrebbero conseguire attraverso la sua formalizzazione.

Obiettivo centrale ed unificante è la valorizzazione complessiva del territorio del distretto del riso attraverso una serie di obiettivi collaterali fortemente connessi fra loro.

- Il primo di essi in ordine logico è costituito dalla valorizzazione e quindi dal consolidamento della presenza della risicoltura nel territorio. Questo obiettivo è ovviamente l'elemento chiave di tutto il progetto per evidenti ragioni poiché rappresenta il cardine su cui si fonda l'ipotesi stessa di distretto. D'altro canto l'importanza della risicoltura in quest'area è tale da sollecitare un costante e concreto interesse al suo sviluppo. Problemi non minori si pongono se si considera che il quadro normativo relativo alle produzioni agricole è di fatto quasi totalmente determinato sul piano comunitario e perciò gli ambiti di intervento lasciati all'azione regionale appaiono fortemente limitati. E' necessario perciò ipotizzare tipologie di interventi che siano compatibili con quelli previsti dall'UE e che agiscano nell'ambito della libertà d'azione consentita allo stato nazionale che nel nostro paese è fortemente sostituito dalla Regione.

- Un secondo obiettivo, strettamente collegato al primo, riguarda la possibile valorizzazione delle attività connesse alla produzione agricola, ciò con il fine del consolidamento complessivo del sistema risicolo sul piano territoriale. Anche in questo caso, tuttavia, è necessaria un'attenta ricognizione degli ambiti possibili di intervento per evitare di orientarsi su misure che poi sarebbero incompatibili con il quadro normativo esistente.

- Un altro obiettivo è quello del rafforzamento del legame fra la risicoltura ed il territorio in modo da radicare in maniera sempre più forte quest'attività nel contesto locale in cui essa si esercita. Ciò comporta una serie di interventi mirati a mettere in evidenza il rapporto fra prodotto e territorio nella cultura, nelle tradizioni storiche locali, nella formazione del paesaggio della risaia, negli usi alimentari.
Il risultato finale dell'azione da progettare e da sviluppare è dunque quello di rafforzare una situazione di fatto già esistente facendo leva su una pluralità di elementi presenti ma normalmente non collegati fra loro in maniera organica e soprattutto finalizzata alla valorizzazione complessiva dell'intero sistema produttivo locale.  La creazione del distretto può rappresentare in questo senso l'elemento di coagulo e di sistematizzazione di una serie di interventi o di azioni che comunque verrebbero attuati da parte dei singoli operatori o delle istituzioni ma in un contesto meno organico e coordinato.

Le gravi difficoltà incontrate dalla risicoltura in questa fase non possono certamente essere superate con questo progetto per gli ovvi limiti di un'iniziativa a carattere territoriale di fronte ad un problematica legata sostanzialmente all'internazionalizzazione del mercato ed alla sua tendenziale globalizzazione nel quadro di una costante contrazione del ruolo protezionistico delle politiche agrarie.
Tuttavia, l'intento di fondo dell'ipotesi di distretto è quello di fornire un supporto locale al sistema produttivo per consentirgli di adattarsi e di conformarsi alle esigenze che il nuovo quadro normativo e la situazione dei mercati agricoli stanno facendo emergere. Si tratta cioè di un intervento complementare a quello già in corso da parte dei livelli normativi superiori.
 


Fonti bibliografiche:
-- D. Casati, A. Banterle, L.Baldi, Il distretto agro-industriale del riso, Franco Angeli, 1999
  ( 1 ) A. Banterle, Il distretto industriale, in D. Casati, A. Banterle, L.Baldfi, op.cit. p.93
- ( 2 ) D. Casati, L'ipotesi di istituzione del distretto agro-industriale del riso, in D. Casati, A. Banterle, L.Baldfi, op.cit. p.93
- ( 3 ) L. Iacoponi, Distretto industriale marshalliano e forma delle organizzazione delle imprese in agricoltura, Rivista di Economia agraria, n.4, 1990

 

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