L. Pirandello - L'identità del soggetto finisce per annullarsi nel proliferare di mille vane forme - Uno, nessuno, centomila
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Il titolo del romanzo pirandelliano è un’ efficacissima chiave di lettura della tematica dell'identità e può guidare nell’ interpretazione di un lavoro letterario così ricco di sottili passaggi logici. In apertura il protagonista, Vitangelo Moscarda, scopre di non essere per gli altri quell’ UNO che crede di essere per sé. La moglie Dida, svelandogli che il suo naso pende verso destra, ha squarciato tutte le sue certezze, avviando una riflessione sull’ intera esistenza. Nell’ autoanalisi emerge la diversità psicologica dagli altri, una sorta di malattia della volontà che rende il protagonista immerso nella propria dimensione personale fatta di continua introspezione. Egli vive: "con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini": ecco visualizzata la frantumazione del reale che conduce dall'univoca identità (l'UNO ) alla poliedrica pluralità di forme (CENTOMILA) e sfocerà infine nel nulla (NESSUNO).
Vitangelo allo specchio,
simbolo dell’io davanti a se stesso,
scopre di vivere senza "vedersi vivere". Si getta all’inseguimento
dell’ estraneo inscindibile da sé, che l’alterità conosce in
centomila identità differenti. Il protagonista si stacca dal proprio "fantoccio
vivente", per se stesso è ormai nessuno: la distruzione dell’ io è
consumata. Se ognuno di noi è "Uno, nessuno e centomila"
anche la realtà perde la serena e
fittizia oggettività e si scompone all’ infinito nel vortice del
relativismo. L’uomo è un’ artificiale costruzione ligia alle
convenzioni sociali e contrapposta alla natura, priva di componenti
artificiali.
L’aspirazione di Vitangelo è
rimanere al di là dello specchio, essere un "uomo nella vita, Un uomo
così e basta". E’ possibile? Il lettore, affascinato, si
interroga sul modo di sottrarsi al divenire umano, alle opinioni dell’
alterità; in astratto, tuttavia, "non si è" , la vita si snoda nel
tempo e nello spazio. Vitangelo, alla ricerca di una via di fuga dai
centomila estranei a sé che vivono negli altri,
decide di uccidere le sue
"marionette" ma, per aver voluto dimostrare di non essere ciò che si
credeva, è ritenuto pazzo: la gente non vuole accettare che il mondo
sia diverso da come lo immagina.
La decisione di vendere la banca del
padre per uccidere l’usuraio Moscarda,che si nasconde in lui fa
sorgere un "punto vivo", una volontà che lo fa essere Uno. Questo
atto, per tutti assurdo crea attorno
a lui un vuoto in cui si inserisce
Anna Rosa, donna dalla psiche
molto simile alla sua: Frantuma la propria identità atteggiandosi davanti
allo specchio, vorrebbe fermare la vita per conoscersi.
Vitangelo invece va verso
l’annientamento perché "nulla vale essere per sé qualcosa". La
vicinanza simpatetica tra le due psicologie conduce al delirio del ferimento
di Anna Rosa. Ci si avvia verso l’oblio
totale del mondo, delle maschere, dei doveri della vita associata,
incarnati dal giudice. Vitangelo, avvolto nella coperta verde di
convalescente, "naufraga dolcemente" nella serenità della natura, senza
passato né futuro. La
frantumazione dell’ io appare completa :
il protagonista si dissolve nella natura, nel ciclo di continua
disgregazione e rigenerazione delle cose: ordine e progresso sono, per
l’autore, soltanto presunzioni umane. Specchio della dissoluzione
dell’ io è lo scompaginamento dell’ ordine narrativo controllato dall'alto,
la logica tradizionale del romanzo è provocatoriamente violata: Le
riflessioni del protagonista offuscano la trama, rallentano il ritmo
narrativo. Non i fatti ma la vita
interiore del "Fu Vitangelo Moscarda" sono messi in rilievo. liberamente trarto da http://users.libero.it/leuzzi/pirandello.html |
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Grafo strutturale dell'opera |
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Anna Rosa doveva essere assolta; ma io
credo che in parte la sua assoluzione fu anche dovuta all'ilarità che si
diffuse in tutta la sala del tribunale, allorché, chiamato a fare la mia
deposizione, mi videro comparire col berretto, gli zoccoli e il camiciotto
turchino dell'ospizio. |