Il tedio leopardiano - Le meditazioni sul concetto di noia




La finestra di casa Leopardi




La piazzetta di Recanati
 




Cezanne, Giocatori di carte         
 



Chagall,  Solitudine


La modernità del concetto di inettitudine ( come disadattamento al reale ed impotenza ) compare nelle tematiche leopardiane con l'emergere nell'umanità dell'elemento razionale. Si evidenzia cioè con il trionfo della ragione

" il male intrinseco all'essere  originario e permanente delle cose si profila... nella sua costernante evidenza  (emerge)  l'identità di progresso e decadenza, di  avanzamento e distruzione, di verità ed impotenza, di coscienza e nullità" ( M.A. Rigoni, La strage delle illusioni ).

In queste riflessioni si anticipa una delle più importanti acquisizioni della modernità che vive appunto nella costante polarità irrisolta di conoscenza ed errore, di coscienza ed impossibile illusione. Tutta la tensione romantica a cogliere l'infinito al di là del contingente,  riconduce "al più sublime dei sentimenti umani: la noia."

"Poco propriamente si dice che la noia è mal comune . Comune è l'essere disoccupato, o sfaccendato, per dir meglio; non annoiato. La noia non è se non di quelli in cui lo spirito è qualche cosa. Più può lo spirito in alcuno, più la noia è frequente, penosa e terribile. la massima parte degli uomini trova bastante occupazione in che che sia, e bastante diletto in qualunque occupazione insulsa; e quando è del tutto disoccupata, non prova perciò gran pena. Di qui nasce che gli uomini di sentimento sono sì poco intesi circa la noia, e fanno il volgo talvolta maravigliare talvolta ridere, quando parlano della medesima e se ne dolgono con quella gravità di parole, che si usa in proposito dei mali maggiori e più inevitabili della vita" 
( LXVII Zibaldone, Leopardi


" La  noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani . (......) Il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena , né, per dir così dalla terra intera, considerare l'ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell'animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l'universo infinito, e sentire che l'animo ed il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d'insufficienza e di nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e nobiltà, che si veggia nella natura umana. perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento e pochissimo o nulla agli altri animali ( LXVIII Zibaldone, Leopardi


" Veramente per la noia non credo che si debba intendere altro che il desiderio puro della felicità (...) 
Il qual desiderio non è mai soddisfatto; e il piacere propriamente non si trova. Sicché la vita umana è intessuta parte di dolore e parte di noia; dall'una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell'altra" ( Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare, 1824, Leopardi )

O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d’affanno
Quasi libera vai;
Ch’ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.

Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
Tu se’ queta e contenta;
E gran parte dell’anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,
E un fastidio m’ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,

E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell’agio, ozioso,
S’appaga ogni animale;
Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?

G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
 

 

Riflettendo su questi passi troviamo delineate  tutte le dinamiche cognitive ed affettive che guidano l'uomo moderno a definire l'orizzonte d'attesa circa la sua esistenza, al di là dei confini della necessità. 
Il pessimismo leopardiano non è da intendersi come condizione puramente negativa del vivere ( rinuncia, rifiuto della vita, abbandono esangue, verifica di privazione, disperazione...), quanto  invece come lucida tensione dell'animo alla ricerca del senso dell'esistere. 
Si contrappone in Leopardi il desiderio ( infinito ) di vita  alla  costante sua preclusione, la ricerca del piacere all'impossibile fuga dal dolore. E questa condizione si alterna al più sublime dei sentimenti umani: la noia, che non può definirsi altrimenti se non come inesausta e privilegiata ricerca dell'essere razionale.

A distinguere la meditazione leopardiana dagli altri esiti romantici  c'è l'insistenza ragionativa, la tenacia nel perseguire i percorsi della demistificazione, la sostanziale assenza di tragicità nelle rappresentazioni del dramma umano. Leopardi preferisce  l'ironia amara del non senso della vita ( Operette morali ) alla scelta troppo vile del suicidio  ( Dialogo di Plotino e Porfirio ), la dignitosa accettazione del destino della ginestra alle facili fiducie dell'Illuminismo e della religiosità cattolica.
L'inettitudine dell'uomo leopardiano ad aprire un vero  un dialogo con la natura si gioca sempre e comunque sull'autocontrollo della ragione e prefigura - tra l'altro - la poetica montaliana, che tradurrà in versi, con simbologie pregnanti, gli stessi interrogativi del poeta recanatese.

 

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