Il ripiegamento sulla memoria del passato
G. D'Annunzio, da Poema paradisiaco - Consolazione

S. Lega, Il pergolato


Esiste, in contrapposizione ai due aspetti del vitalismo dannunziano, un senso di stanchezza improvvisa: egli sentì il desiderio di purificazione, di innocenza e allora si rifugiò nei ricordi a lui più cari. L'opera che meglio esprime questa condizione è "Poema Paradisiaco" (1893), in cui una buona assimilazione del simbolismo francese gli consentì di rinnovare in misura evidenti le forme poetiche delle prime raccolte.
Vi è il passaggio dalla sensualità alla purezza e all'innocenza di una vita semplice. In questi improvvisi ripiegamenti interiori manca tuttavia  una vera amara consapevolezza della caducità delle cose e della precarietà dell'uomo: questi motivi sono avvertiti solo superficialmente, e non c'è un sincero proposito di rinnovamento dello spirito.

 

Consolazione

Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. È stanco di mentire.
Vieni, usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.
Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
serba ancóra per noi qualche sentiero.
Ti dirò come sia dolce il mistero
che vela certe cose del passato.
Ancóra qualche rosa è ne' rosai,
ancóra qualche timida erba odora.
Ne l'abbandono il caro luogo ancóra
sorriderà, se tu sorriderai.
Ti dirò come sia dolce il sorriso
di certe cose che l'oblìo afflisse.
Che proveresti tu se ti fiorisse
la terra sotto i piedi, all'improvviso?
Tanto accadrà, ben che non sia d'aprile.
Usciamo. Non coprirti il capo. È un lento
sol di settembre, e ancor non vedo argento
su 'l tuo capo, e la riga è ancor sottile.
Perché ti neghi con lo sguardo stanco?
La madre fa quel che il buon figlio vuole.
Bisogna che tu prenda un po' di sole,
un po' di sole su quel viso bianco.
Bisogna che tu sia forte; bisogna
che tu non pensi a le cattive cose...
Se noi andiamo verso quelle orse,
io parlo piano, l'anima tua sogna.
Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto,
tutto sarà come al tempo lontano.
Io metterò ne la tua pura mano
tutto il mio cuore. Nulla è ancor distrutto.
Sogna, sogna! Io vivrò de la tua vita.
In una vita semplice e profonda
io rivivrò. La lieve ostia che monda
io la riceverò da le tue dita.
Sogna, ché il tempo di sognare è giunto.
lo parlo. Di': l'anima tua m'intende?
Vedi? Ne l'aria fluttua e s'accende
quasi il fantasma d'un april defunto.
Settembre (di': l'anima tua m'ascolta?)
ha ne l'odore suo, nel suo pallore,
non so, quasi l'odore ed il pallore
di qualche primavera dissepolta.
Sogniamo, poi ch'è tempo di sognare.
Sorridiamo. E la nostra primavera,
questa. A casa, più tardi, verso sera,
vo' riaprire il cembalo e sonare.
Quanto ha dormito, il cembalo! Mancava,
allora, qualche corda; qualche corda
ancóra manca. E l'ebano ricorda
le lunghe dita ceree de l'ava.
Mentre che fra le tende scolorate
vagherà qualche odore delicato,
(m'odi tu?) qualche cosa come un fiato
debole di viole un po' passate,
sonerò qualche vecchia aria di danza,
assai vecchia, assai nobile, anche un poco
triste; e il suon sarà velato, fioco,
quasi venisse da quell'altra stanza.
Poi per te sola io vo' comporre un canto
che ti raccolga come in una cuna,
sopra un antico metro, ma con una
grazia che sia vaga e negletta alquanto.
Tutto sarà come al tempo lontano.
L'anima sarà semplice com'era;
e a te verrà, quando vorrai, leggera
come vien l'acqua al cavo de la mano.


La lirica esemplifica perfettamente i temi e i modi del Poema paradisiaco, a prima vista molto diversi rispetto alla precedente produzione poetica dannunziana, che prediligeva temi vìtalistici, estetizzanti o perversi e un linguaggio prezioso e antico.  La novità si rivela già nell'impianto della poesia, che ha la forma di un colloquio dimesso e affettuoso con la madre.  Motivi centrali, poi, sono il desiderio di trovar rifugio nel "nido" familiare, provenendo da un mondo estraneo, corrotto e falso ( il mondo, ad un tempo, della società elegante della metropoli e della letteratura che lo aveva rappresentato, l'Intermezzo, la Chimera, il Piacere), il bisogno di purífícazione, il ricupero della condizione innocente dell'infanzia, dei sentimenti miti e delicati, delle piccole cose quotidiane, di una vita semplice ed autentica, ignara di fínzioni e ipocrisie mondane e letterarie. 

Il motivo del «rifiorire» spirituale del poeta si obiettiva simbolicamente nel rifiorire primaverile della natura.  Ma si tratta di una «primavera» ambigua, illusorio in realtà settembre: l'aria ha la dolcezza e il tepore della primavera, ma di una «primavera dissepolta», di un «april defunto», perché in realtà la natura sta declinando verso la morte della stagione invernale.  Perciò la poesia, lungi dall'essere pervasa da un senso di purezza, di rigenerazione, di freschezza gioiosa, è immersa in un'atmosfera languida, sfatta, estenuata.  Il giardino è «abbandonato» ed ha la dolcezza delle cose che «I'oblìo afflisse»; il viso della madre ha un pallore di giglio, come pallida è la luce del settembre; al cembalo manca qualche corda, e serba il ricordo delle «lunghe dita ceree de l'ava»; le tende sono « scolorate »; nella stanza aleggia un profumo di « viole un po' passate »; l'aria di danza è «assai vecchia» e «un poco triste», il suono è «velato, fíoco »: la trama delle immagini e degli oggetti evoca il senso della consunzione, dello sfiorire irreparabile, del declinare lento verso il nulla, della lontananza incolmabile di ciò che è passato; tutto dà un'impressione di languore, di disfacimento, di morte, che il poeta assapora voluttuosamente. 

Il tema vero della poesia non è dunque la rigenerazione spirituale, il recupero dell'innocenza, il vagheggiamento dei delicati sentimenti familiari, delle cose comuni, semplici e sane, ma il compiaciuto vagheggiamento della decadenza, dell'estenuazione, della morte.  Ciò è rivelato chiaramente dallo stesso nucleo simbolico centrale della lirica, il parallelismo tra il rifiorire del giardino e il rifiorire spirituale del figlio: come il rifiorire primaverile a settembre è un sogno, illusorio e impossibile, così non è che un sogno irrealizzabile la rigenerazione e la purificazione del poeta.  Al di là del sogno, il vero parallelismo che domina la poesia è tra la dolcezza stanca della natura autunnale ed un senso di stanchezza sensuale che pervade il poeta.  L'ansia di purificazione non è che il rovesciamento, solo sognato, di questa condizione di stanchezza.  La poesia si regge dunque su una sottile ambiguità: ma tutta la vicenda letteraria di D'Annunzio sarà pervasa da questa ambiguità, muovendosi costantemente tra i due poli della vita e della morte, non contrapposti antiteticamente, ma segretamente confusi e intrecciati (e proprio da questa ambiguità trae profondità e fascino).

tratto dal manuale in adozione Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria, Dal testo alla storia dalla storia al testo, Vol III, 2/a, Paravia
 

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