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Fin dal mondo classico (
greco - romano ) la
guerra è prova della virtù militare,
di coraggio e di amor di patria.
Omero
nell'Iliade ci
ricorda che in guerra si misura lo spirito di sacrificio del singolo,
che sa rinunciare a tutto per il bene della sua città
(Ettore).
Nel medioevo nasce il concetto di
guerra santa,
che oppone cristiani e pagani sul terreno militare per rivendicare la
superiorità di un'intera civiltà
( Crociate, Reconquista )
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Nell’’800 grandi personalità
come quella di
Napoleone
caratterizzeranno la
storia e gli episodi di guerra avranno un valore emblematico anche per
l’esistenza privata dei personaggi protagonisti di grandi romanzi (
Stendhal,
Tolstoj,
Hugo ).
Gli stessi ideali romantici promuovevano il
ribelle-rivoluzionario al
ruolo di eroe,
portatore di valori innovativi, che solo con le armi avrebbero trovato
una realizzazione. Tuttavia all'interno di tale modello si fa strada una
prima lettura demistificante ed anti-eroica della guerra.
Fabrizio del Dongo,
protagonista della Certosa di Parma di Stendhal, scampa
miracolosamente alla
battaglia di Waterloo
che avrebbe dovuto consacrare il suo nome alla fama di Napoleone. Egli è
invece "testimone
della volgarità brutale e grottesca della sconfitta....e il suo è un
processo di educazione rovesciata di apprendimento dell'anti-eroicità
della guerra"( A.
Casadei, La guerra, Laterza 1999 )
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La celebrazione delle grandi
virtù militari dell'età classica
funge da modello
per misurare la tenacia con cui si
persegue la libertà della patria (
Foscolo
). Le guerre napoleoniche in Italia, ben presto, appaiono volte
all'instaurazione di un potere imperiale, che non porta affatto alla
libertà del popolo italiano. Jacopo Ortis è
l'eroe testimone, con il suo sacrificio, della negatività
dell'intervento straniero nella nostra terra.
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Manzoni
nega cristianamente alla
guerra ogni valore positivo e vede anche la gloria militare dei grandi
condottieri soggetta alle leggi umane. Rinuncia cioè ai grandi modelli
classici di virtù inimitabile e pone l'accento sulle
contraddizioni che la morale
del singolo deve affrontare per salvaguardarsi immune dalle violenze
oppressive dei conflitti
( nelle tragedie soprattutto emerge questa tematica con i drammi di
Adelchi, di Ermengarda e del Conte di Carmagnola, Francesco Bussone ).
Quando invece la guerra serve per rivendicare la libertà nazionale essa
è giusta e benedetta da Dio ( Marzo 1821 ).
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La guerra nel '900
diventa fatto
collettivo, dramma di
massa, prova ambita e
ricercata di coraggio
estremo (
D'Annunzio
). Giudizio esaltante è quello dei
Futuristi,
che la definiscono la
sola igiene del mondo.
Spesso, d'altro canto, essa è oggetto di demistificazione nell'ambito
della produzione letteraria.
Ungaretti
vede la vita di
trincea, durante il
primo conflitto mondiale, come momento disumanizzante per eccellenza e
parla nella poesia Fratelli dell'
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua fragilità,
per enfatizzare il contrasto tra la cecità dello spirito di morte e la
naturale solidarietà umana che riunisce in fondo i combattenti.
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Al tempo
dei totalitarismi
la guerra si confonde con l'oppressione nazifascista e con
l'antisemitismo,
ma anche con la
guerra civile e con la Resistenza.
Nuovamente si tende - da parte del Neorealismo - ad idealizzare
la guerra di popolo
per la riconquista delle libertà , anche se qualche autore scopre
soprattutto i drammi
privati oscuri e pietosi
ed i traumi profondi
non assorbiti nel
quadro del secondo conflitto mondiale (
Pavese,
Fenoglio
)
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Le
raccolte poetiche del secondo
Ungaretti, di
Montale
e di
Quasimodo mettono in rilievo il
dolore cosmico e la totale disgregazione di
valori civili che il conflitto ha prodotto. La
morte collettiva impone il silenzio alla
poesia ed il ricordo dei caduti toglie perfino dignità umana ai
sopravvissuti, spesso vittime della barbarie
antisemita ( I sommersi ed i salvati di
Primo Levi ).
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All'interno delle varie tematiche legate alla guerra forse emerge in
tutta la sua attualità quella legato alla
cancellazione della memoria storica di culture, popoli, testimonianze
del passato. L'idea di guerra totale,
di scontro tra civiltà ( Huntington
)configura ragioni di contrasto permanenti tra civiltà diverse, che non
si esauriscono con la conquista di un territorio ma pervadono la
coscienza dei popoli e rischiano di opporre stabilmente i gruppi umani
li uni contro gli altri.
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