Calendario
dei lavori agricoli per la coltivazione del riso ( desunto da testimonianze
orali )
Tratto da
http://art.supereva.it/mondine.freeweb/culturamater.htm#calendario?p
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Il regime dei suoli, la loro struttura
geomorfologica e geopedologica, l'apporto idrico ( che sarà esaminato
dettagliatamente nelle sezioni successive ) e le caratteristiche climatiche
della pianura risicola fanno sì che l'attività agricola si sviluppi
ordinatamente e proficuamente in cicli stagionali a cui si farà
brevemente cenno in questa pagina.
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Un campo risaia nei pressi della roggia
Bona che raccoglie le acque del sistema sovrastante.
Il risicoltore deve realizzare i solchi acquai che guidano l'acqua
attraverso la camera per favorire il suo scorrere.
( Foto M. Borgia ) tratta da
M.
Borgia ( a cura di )
Le risaie del Vercellese, Guida al paesaggio, alla storia,
alla natura
delle terre d'acqua - Regione Piemonte
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La sistemazione delle camere
di risaia: lento deflusso di acque e livellamento
La risaia trova sistemazione in un
campo particolare: il campo
risaia. Questo spazio deve far crescere il riso,
ma soprattutto deve contenere l'acqua,
elemento essenziale per metterlo al riparo dagli sbalzi termici. Tutta la
meticolosa ingegneria della risaia ruota intorno all'acqua,
per garantire uno scorrimento, lento ma costante, che porti alla
camera di risaia
acqua sempre ossigenata. Il campo-risaia deve prevedere che spesso l'acqua
in entrata potrebbe essere troppo fredda per le vulnerabili piantine; che lo
scolo dell'acqua deve essere totale, senza ristagni, se si sceglie di
mettere in asciutta; che tutte le piantine devono crescere il più
possibile nella stessa quantità di acqua. E siccome l'acqua che entra
nelle risaie deve arrivare da qualche fonte di approvvigionamento ed essere
smaltita, la risaia perfetta necessita
di un complesso sistema di piccole canalizzazioni e di chiuse al suo servizio.
Le risaie non
sono poste su una superficie perfettamente piana. La bassa pianura
vercellese e la stessa Baraggia non sono aree perfettamente pianeggianti per
tutta la loro estensione, ma digradano lievemente da nord-ovest verso est,
sud-est. Si va dai 160 metri sul livello del mare nei pressi di Crescentino
fino ai 150 metri di Lucedio, ai 140 di Tricerro, ai 130 metri di Trino,
Costanzana e Vercelli, fino ai 120 metri di Stroppiana e Caresana ed ai
110-100 metri della confluenza Sesia-Po. Il sistema di canalizzazione del
Vercellese ha sfruttato queste lievi pendenze. La camera di risaia
non può essere in pendenza se si vuole evitare che l'acqua se ne vada
senza essere trattenuta e per garantire una distribuzione uniforme
dell'acqua senza ristagni non ci devono essere avvallamenti, buchi,
depressioni dentro il campo-risaia.
Per garantire una superficie piatta in presenza di una pendenza, si ricorre
all'antichissimo metodo del
terrazzamento, utilizzato dagli albori dell'agricoltura
in tutti i terreni montuosi e collinari per molte colture.
Si spianano porzioni di terreno
proteggendole a valle con terrapieni. Lo stesso si fa per quelle
successive.
Il paesaggio sembra costituito di tanti stagni coltivati,
delimitati da semplici argini. Ma
- ad uno sguardo più attento - rivela invece un ampio sistema di gradoni
che indicano da quale parte pende la pianura.
Le camere di risaia digradano
seguendo le curve di livello in direzione sud-sud-est,
fino alla confluenza Sesia-Po.
In realtà, in questa lieve discesa
ci sono molte depressioni localizzate. Per esempio, in
presenza di torrenti di origine risorgiva, che hanno scavato sia pur
lievemente il loro letto nei sedimenti planiziali,
come la Marcova o la Bona, le risaie
cambiano direzione di pendenza.
Digradano verso il solco vallivo creato dal torrente e non verso sud-est.
Lo stesso vale per deboli rilievi e zone di depressione lasciati dall'azione
del Po o del Sesia o tutt'intorno alla collina della Partecipanza.
( 1 )
Le camere sono solcate da
piccoli fossi a pettine che hanno il compito di distribuire l'acqua e di
farla scolare. L'acqua arriva dal canale nella prima camera
attraverso la bocchetta di ingresso. Qui possono esserci dei
piccoli arginelli che
obbligano l'acqua a scorrere in serpentina prima di entrare nella camera:
sono le caldane,
un modo per scaldare l'acqua proveniente da fiumi "freddi", come la Dora
Baltea, che in estate risente dell'ablazione dei ghiacciai valdostani o
quella proveniente da alcune fresche risorgive. Le camere sono
perimetrate dagli argini e tutto il complesso dell'appezzamento ha a sua
volta argini più robusti, strade di servizio e soprattutto canalizzazioni che, aperte e chiuse,
di volta in volta, servono per allagare e raccogliere le acque di scolo,
a seconda della loro posizione rispetto alla risaia.
Tutto questo sistema deve essere accuratamente progettato quando si
creano nuove risaie. Il
terreno va spianato fino al giusto livello perché una camera
affossata rispetto alle altre vicine comprometterebbe il funzionamento di
tutto il sistema. Lo stesso farebbe una camera realizzata in pendenza. Il
lavoro di preparazione e di livellamento, nonché quello di arginatura, deve
tenere conto dei rischi idrogeologici: se un argine frana è un
disastro, così come per ogni forma di erosione.
Fino agli anni '60 gli appezzamenti erano poco estesi e seguivano le curve
di livello locali. Il livellamento del terreno veniva fatto con strumenti ottici alla prima
preparazione e poi veniva utilizzata la stessa acqua nelle ristrutturazioni
annuali. Allagando la camera si osservavano sia la pendenza data dallo
scorrimento che eventuali accumuli di terreno da spianare o depressioni da
riempire. Il paesaggio delle
vecchie risaie era fatto di
linee curve tutte intersecate tra
loro. L'estensione
era in media di mezzo ettaro.
Con le livellatrici al laser si è potuto passare a estensioni medie di 3
ettari (che possono arrivare anche a 8) con argini più alti. Con queste
camere e con un sistema di livellamento preciso sì utilizza meglio l'acqua:
ne serve meno perché c'è
maggiore garanzia di uniformità della sommersione ed è mediamente meno
profonda di un tempo.
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Utilizzo dello spazio agrario risicolo degli anni '50 |
Utilizzo odierno dello stesso spazio agrario risicolo
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Le due fotografie aeree si riferiscono ad una
medesima area risicola, utilizzata variamente negli anni '50 rispetto alla
sistemazione odierna. Gli appezzamenti oggi appaiono più regolari e ampi
rispetto ad un tempo. La semplificazione della geometria della risaia è il
risultato dell'impiego massiccio di mezzi spianatori e livellatori. Nella
fotografia si nota anche la scomparsa di molti filari di alberi frangivento
che un tempo caratterizzavano il paesaggio della bassa vercellese.
- Foto
tratte da Regione Piemonte, Agroecosistemi piemontesi: struttura e
dinamiche, 2000
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La sistemazione annuale
del terreno
Prima della preparazione colturale, la risaia
deve subire la sua peculiare sistemazione in funzione idraulica. Nel
mese di marzo
si ristrutturano le camere. Innanzitutto si rafforzano e si
rettificano gli argini riparando ogni piccolo smottamento con un
arginatore trainato da trattore,
che sistema il terreno sull'argine,
e con un rullo costipatore obliquo che lo compatta. Poi si passa all'aratura,
se non è già stata fatta in autunno dopo la mietitura.
L'aratura, profonda 30-40 centimetri,
è soprattutto un'operazione colturale, ma ha anche un'importanza idraulica
perché costituisce la prima grossolana
spianatura. In questo modo si può passare allo
sminuzzamento
delle zolle con erpici a dischi o a denti. Infine il lavoro è
completato da un' erpicatura
con erpici fini. In alcuni casi si pratica una
fresatura del
terreno che riduce i tempi di aratura e erpicatura, ma che comporta
rischi colturali successivi. Infine,
interviene la livellatrice al laser che riesce a contenere i
dislivelli all'interno della camera entro
3 cm. Tutte queste pratiche,
oltre che per il
livellamento, hanno anche lo scopo di compattare entro certi
limiti il terreno per diminuire le perdite d'acqua.
Il terreno cosi meticolosamente preparato per l'arrivo
dell'acqua, con la
sommersione,
subisce mutamenti chimico-fisici che
rafforzano
l'impermeabilizzazione della camera: le particelle fini riempiono gli
interstizi tra quelle più grossolane sul fondo della camera e dei solchi e
naturalmente questo avviene più facilmente nei terreni argillosi, in
quelli più sabbiosi sono necessarie vere
operazioni di costipazione del terreno e la quantità d'acqua persa è
maggiore.
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L'aratura
Può considerarsi il primo processo di
sistemazione annuale delle camere di risaia ed anche la prima pratica
agronomica. L'aratura si effettua spesso dopo il raccolto, cioè
da fine settembre
a fine ottobre, per utilizzare meglio l'apporto nutritivo delle
stoppie che si decompongono nel terreno. In altri casi
si utilizza normalmente o
l’aratura autunnale e l'erpicatura
primaverile
oppure il sovescio autunnale e l' aratura
primaverile.
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L'aratura - Foto tratta da
M.
Borgia ( a cura di )
Le risaie del Vercellese, Guida al paesaggio, alla storia,
alla natura
delle terre d'acqua - Regione Piemonte
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La semina
Fino a 30-40 anni fa la semina avveniva nei semenzai:
la piantina finiva in risaia solo dopo avere superato la sua prima fase
di crescita. Oggi la semina avviene direttamente nelle camere di
risaia, già sommerse da pochi centimetri d'acqua. Si semina in
aprile,
subito dopo l'allagamento delle risaie. E' importante il giorno scelto. Oggi,
delle varietà da coltivazione (
cultivar
)presenti sul mercato, conosciamo con precisione il tempo che trascorre
dalla semina al raccolto e sappiamo che, anche per quelle più tardive,
la semina non si protrae oltre la
prima
decade di maggio. Questo è un momento fondamentale per l'esito
dell'annata risicola: se si semina prima si può arrivare in anticipo sui
mercati e vendere a prezzi più alti, ma il rischio sta nell'andamento
climatico del mese di aprile
che, nella piana vercellese, può riservare ancora giornate con
temperature troppo basse. Inoltre l'acqua usata per l'allagamento è in
buona parte derivata dalla Dora Baltea e nei canali derivati da questo fiume
a regime nivo-glaciale, in aprile, le temperature si aggirano sui 10 gradi.
Per combattere la varietà infestante del "riso crodo", negli ultimi
anni si è diffusa la
tecnica della
semina tardiva, dalla
seconda alla terza
decade di maggio, la cui diffusione è suggerita anche dalla crescente
razionalizzazione dell'utilizzo dell'acqua secondo una "distribuzione
graduale" nel territorio.
I semi di risone sono lasciati ammollare preventivamente in acqua per
rivitalizzarli e dar loro peso, in modo che non galleggino sull'acqua, ma si
depositino sul fondo. La semina avviene a spaglio, cioè spargendo
il seme alla rinfusa con un piatto meccanico girevole. Successivamente,
si passa una sorta di rastrello che crea piccoli solchi dove i
semi tendono a depositarsi anche per azione dei movimenti dell'acqua. In
questo modo, si riduce il rischio di fluttuazione dei semi che
avrebbero difficoltà ad attecchire e si garantisce una distribuzione
omogenea delle future piantine. La giusta distanza tra le piantine è un
fattore molto importante per il risultato finale. Queste, quando nascono,
sono in effetti posizionate in file. Nei terreni più sabbiosi si può
coltivare il riso "in asciutta" utilizzando meno acqua. In questo
caso, la semina avviene a file con seme interrato.
Lo
sviluppo delle piantine
Il seme germoglia solo in condizioni di temperatura e
di ossigenazione ottimali. Per le varietà derivate dalla specie
japonica,
le più coltivate nel vercellese, la temperatura ideale in questa fase è di
28-30 gradi di massima e 10-12 gradi di minima notturna. Nella semina in
sommersione, il seme si trova in condizioni di scarsissima ossigenazione
con acqua abbastanza fluente all'interno della camera.
Per questo, dopo la formazione della
piumetta, è necessaria la
prima asciutta della camera e così facendo la
germinazione
continua con la formazione della
radice primaria che inizierà a legarsi al terreno. Questa
è forse la fase più delicata di tutta l'annata: il seme è infatti poco
ancorato al suolo e in balia dei flutti e delle correnti interne alla
camera. Tutto può staccarlo e spostarlo: dal vento, alle masse alga!i in movimento, ai crostacei minuscoli
presenti sul fondo. La germinazione si conclude con la formazione della
terza foglia. Qui inizia la fase di
accestimento,
cioè di formazione delle appendici secondarie. Si formano i
germogli secondari e
le radici avventizie
in un periodo di 40-70 giorni dalla germinazione, durante i quali la risaia
smette di assomigliare a uno stagno o un lago, per diventare un
prato verdissimo.
In coincidenza di questo periodo - in
giugno - si ha
l'inizio della
fase di levata che si conclude con la formazione delle
infiorescenze
e l'inizio del
periodo riproduttivo della pianta.
Nei mesi di
luglio e
agosto avviene la
fecondazione.
Anche qui sono importanti la temperatura ( ideali 30 gradi di massima
) e l'umidità dell'aria, che deve essere intorno al 70-80 per cento.
Il processo di
fioritura e di
impollinazione
parte dal colmo della spighetta procedendo verso il basso. La fecondazione
avviene soprattutto per
auto-impollinazione.
La fase riproduttiva può variare a seconda della temperatura registrata nel
periodo di
maggio-giugno.
Successivamente, scatta la fase di
maturazione,
che avviene con un ottimo termico più basso:
l'ovario si
trasforma in
cariosside
rivestita e il chicco
inizia così a ricevere e ad accumulare le sostanze nutritive, passando da
una consistenza lattea, ad una cerosa e infine vitrea. Anche la maturazione
della pannocchia
procede dall'alto in basso e si conclude, a seconda delle varietà,
nei mesi di
settembre-ottobre.
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La semina
avviene "a spaglio" mediante piatti girevoli che spandono i semi
alla rinfusa. Successivamente, il fondo della risaia viene rastrellato. In
questo modo i chicchi finiscono per disporsi sul fondo dei piccoli solchi e
le giovani piantine nasceranno in fila. (Foto M. Borgia).
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La sommersione e la fase
di asciutta
Le camere
allagate e quelle in asciutta spesso coesistono formando un
mosaico a scacchi nel paesaggio della pianura. L'irrigazione della risaia
dipende dalle scelte tattiche del risicoltore. L'acqua nella risaia ha una
funzione
termoregolatrice essenziale nelle prime settimane di sviluppo:
evita gli eccessivi sbalzi termici dal giorno alla notte
cedendo il calore
accumulato con il sole primaverile nelle ore notturne ancora fresche.
Può essere immessa o tolta tempestivamente per il variare di condizioni
climatiche esterne, per contrastare lo sviluppo delle alghe e della
vegetazione acquatica infestante, per uccidere parassiti o per favorire la
maturazione. Anche i
diserbanti
utilizzati condizionano la sommersione.
Un'annata media, con varietà di
160 giorni di
ciclo, si articola in questo modo:
- Vi è una prima sommersione con pochissima acqua (2-3 cm)
per ottimizzare l'intasamento e il livellamento del terreno,
- Dopo il primo
diserbo e la
semina,
l'acqua viene innalzata a 5 cm
- Successivamente abbassata ad uno o due cm, per una quindicina di giorni,
favorendo così l'emergere delle
piantine dall'acqua.
- Per contrastare
eventualmente i
giavoni e le
erbe infestanti
che prediligono il terreno impregnato, si innalza in seguito il
livello a 10 cm per poi riabbassarlo a 6-7 cm.
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Dopo 60 giorni
dallo spuntare delle piantine si asciuga la risaia per favorire la
cosiddetta "concimazione di copertura" con azoto e potassio;
quindi si allaga di nuovo con 6-7 cm fino alla
maturazione lattea dei
semi.
- A partire dalla
terza decade di agosto, la
risaia viene svuotata definitivamente. Il terreno si asciuga e
si indurisce per permettere, dopo due o tre
settimane, il passaggio delle mietitrebbiatrici.
Soprattutto nelle fasi iniziali, questo schema-tipo può essere abilmente
stravolto per le esigenze di ossigenazione e di difesa delle piantine.
Da settembre a ottobre
il riso giunge a maturazione a
seconda delle varietà.
La concimazione
Nel Vercellese, la concimazione tradizionale ha
sempre utilizzato il normale letame, composto da escrementi bovini o equini
mescolati alla paglia di riso o allo strame di frumento. Dai principi del XX
secolo, con un'impennata a partire dagli anni del dopoguerra, la
concimazione naturale è stata sostituita dalla più selettiva concimazione
prodotta dall'industria chimica, che ha permesso di adattare alle
specifiche caratteristiche dei terreni e delle varietà di risi gli apporti
nutritivi. Il riso ha soprattutto bisogno di tre
elementi nutritivi: l'azoto, il fosforo e il potassio. L'azoto è
assorbito lentamente nelle prime fasi di
sviluppo, mentre ne viene consumato di più nelle fasi successive fino
all'inizio della maturazione: dei tre è
l'elemento più importante, quello che condiziona maggiormente la
produttività. La carenza di azoto riduce la quantità di prodotto in
chicchi e può minare gravemente la salute della pianta. Viceversa un
eccesso di
concimazione azotata favorisce
l'allettamento,
allunga il ciclo vegetazionale
esponendo la
pianta a gravi sbalzi termici e rallenta la fase di maturazione con
rischio di compromettere la qualità del raccolto.
Il fosforo
è assorbito soprattutto nella fase a cavallo della fioritura e il suo
utilizzo da parte della pianta è favorito da una buona disponibilità di
azoto. Il fosforo favorisce la
seconda fase di sviluppo della pianta ed è necessario soprattutto nei
terreni argillosi ferrettizzati, ricchi di ossidi di ferro. Un
adeguato sfruttamento delle tecniche di preparazione del fondo e dell'uso
della sommersione può abbassare il fabbisogno di fosforo.
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La maturazione
(Foto M. Borgia). |
La trebbiatura
(Foto M. Borgia). |
Il potassio
viene assorbito soprattutto a partire da un mese e mezzo dopo la semina,
fino alla fioritura. Serve soprattutto alla pianta per
assorbire al
meglio i primi due elementi organici.
Le condizioni di sommersione
della risaia modificano in modo marcato le caratteristiche
chimiche del terreno:
nella degradazione con scarso ossigeno, ad esempio, si generano una
grande quantità di
anidride carbonica, metano, idrogeno solforato (con il conseguente
odore di marcio della fanghiglia ) e, in questo caso, va interrotta la
sommersione per ridare ossigeno al terreno.
Dunque, al di là dello specifico fabbisogno
della pianta, il risicoltore deve tenere conto dei cambiamenti che
avvengono nel terreno con la presenza dell'acqua. Il terreno sommerso
perde ossigeno. In condizioni di anaerobiosi,
favorita dal consumo di ossigeno da parte dei
batteri che riducono
la sostanza organica, l'acqua viene degradata molto lentamente. In
questo caso è bene favorire l'attività dei batteri mescolando al terreno,
in autunno, durante l'aratura, la paglia del raccolto precedente per poi
utilizzare concimi che rilasciano
lentamente l'azoto (l'ideale sarebbe il buon vecchio letame);
la paglia di riso andrebbe dunque interrata e non bruciata, se non per
eliminare i semi delle malerbe, oppure nei terreni particolarmente compatti.
L'abbruciamento
delle stoppie
del riso è un momento caratteristico che conclude,
a fine ottobre,
l'annata risicola. La risaia
appare striata di nero e giallo. Le stoppie vengono infatti bruciate
seguendo le strisce di paglia lasciate durante la mietitura. L'abbruciamento
della paglia è sconsigliato dalle moderne teorie agronomiche; questa
dovrebbe essere interrata dopo la mietitura, per permettere un minore
utilizzo di concimi nell'annata successiva.
Da pochi anni si sta
riscoprendo l'antica tecnica dell'avvicendamento
per ridare naturalmente le sostanze nutritive al terreno e ridurre l'uso di
fertilizzanti chimici. La coltura più utilizzata
è la soia,
che permette di arricchire il suolo di azoto, come accade per tutte
le leguminose.
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Il paesaggio dopo il taglio del riso ad
ottobre |
In tardo autunno l'abbruciamento
delle stoppie
del riso è un momento
caratteristico che conclude, a fine ottobre,
l'annata risicola.,
(Foto M.
Borgia). |
Un campo di soia che
consente con la tecnica dell'avvicendamento
di arricchire il suolo di
azoto, (Foto M. Borgia).
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