L'età liberale

 LO STATO DI DIRITTO

Lo stato moderno trova concettualmente le proprie origini in un atto collettivo di volontà, che spesso è reso esplicito da un documento costituzionale appositamente redatto.  Il suo fondamento è nel diritto positivo, un corpo di leggi espressamente voluto e posto in essere dallo stato medesimo nell'esercizio della propria sovranità, in base a decisioni pubbliche e documentate.  Nell'ambito della normativa prodotta dallo stato, i cittadini perseguono, a titolo personale e secondo proprie scelte, gli interessi privati più diversi; nello stesso tempo però i cittadini sono soggetti a prestazioni (obblighi fiscali, militari, ecc.), che discendono dal diritto di cittadinanza.  Lo stato è costituito e programmato per funzionare come una macchina i cui ingranaggi si integrano gli uni con gli altri; una macchina governata da un solo centro, ma particolarmente complessa e orientata a svolgere una pluralità di compiti.  Lo stato infatti è composto da organi interdipendenti destinati alla formazione, al controllo e all'esecuzione di determinate scelte politiche ed ogni organo si compone, a sua volta, di vari uffici differenziati e complementari che stanno in rapporto gerarchico gli uni con gli altri.  La competizione per l'esercizio del potere alimenta una continua lotta politica per l'occupazione di tali uffici da parte di persone di fiducia dei ceti dominanti o almeno per influire sull'operato di coloro che li occupano.

Poiché esiste il pericolo che nuove leggi aboliscano diritti precedentemente acquisiti o ne limitino il godimento da parte di chi li possiede, è introdotto il principio della legislazione «costituzionale»: le leggi che violino i principi fondamentali dello stato sono dichiarate invalide e le eventuali modifiche costituzionali possono essere attuate solo a seguito di particolari procedure legislative.  Sempre attraverso leggi costituzionali, sono attribuiti ai cittadini diritti che riguardano sia la sfera privata che quella pubblica, facendo divieto agli organi statali di violare tali diritti.  Si concretizza in questo modo l'ideale liberale dello stato di diritto, secondo il quale l'individuo è protetto da ogni tipo di arbitrio grazie alla legge.  Inoltre lo stato moderno assume un volto più civilizzato anche nella difesa della propria sovranità, usando mezzi di coazione fisica sempre meno violenti e brutali.  Gli stessi organi parlamentari sono regolati da norme che garantiscono il pacifico confronto fra le diverse forze politiche.  Tuttavia lo stato ottocentesco non rinuncia all'esercizio della violenza nella sopraffazione delle popolazioni indigene nei possedimenti coloniali, nella repressione con la forza delle armi del dissenso o della resistenza di quei gruppi che rivendicano maggiore potere politico e adeguate riforme socio-economiche (impiego dell'esercito contro scioperi e sommosse).

LA CENTRALITA ‘ DEL PARLAMENTO

Il parlamento diventa il centro di un sistema dove tuttavia è il monarca a determinare, in base a motivi di fiducia personale, chi deve guidare il governo.  Spetta al parlamento, come luogo di discussione, mediare la molteplicità delle opinioni esistenti, risolvere e ridurre la diversità dei problemi e delle visioni di parte per arrivare alla formazione delle leggi.  Il singolo parlamentare si sente responsabile verso la nazione nel suo insieme e non verso il suo elettorato, che, essendo anonimo ed atomizzato, non è in grado di impartire direttive al deputato e di controllarne l'operato; deve solo fidarsi del suo giudizio così come si forma nel corso del dibattito parlamentare, piuttosto che impegnarlo a seguire un programma precostituito e circostanziato.  Il parlamentare, pertanto, non si sente vincolato a specifici interessi sociali e può orientarsi liberamente in base ai dibattiti e ai compromessi che vanno formandosi nella camera a cui appartiene.  Questo era possibile anche perché per tutto l'ottocento la limitazione del suffragio contribuì ad escludere dalla sfera politica gruppi i cui interessi erano in contrasto con la borghesia liberale preoccupata di difendere la sopravvivenza e la prosperità dei sistema capitalistico.  La situazione comincia a cambiare con la concessione del suffragio a masse popolari sempre più ampie e con la nascita di partiti specificamente organizzati per mobilitare e guidare i nuovi elettori. I partiti ormai determinano la composizione delle liste elettorali, chiedono agli elettori un preciso mandato sul programma di governo o di opposizione da portare avanti, conducono le campagne elettorali, diffondono l'ideale della partecipazione alla vita politica e alla gestione della cosa pubblica.

I GRANDI TEMI POLITICI

Via via che si estende la democrazia, si struttura in maniera sempre più ampia il dibattito politico incentrato soprattutto sui seguenti temi:  

l.          Sul piano costituzionale, la questione istituzionale, se cioè il capo dello stato debba essere un presidente eletto o un monarca ereditario, e quali debbano essere i rispettivi poteri; la distribuzione dei poteri tra gli organi legislativi, amministrativi e giudiziari, centrali e periferici; i rapporti fra stato e chiesa, la posizione costituzionale delle forze armate, l'estensione del suffragio.

 2.     Sul piano della politica estera, la scelta delle alleanze, i dazi doganali, gli armamenti, l'espansione coloniale.

3.         Sul piano sociale, l'insieme dei problemi posti in atto dalla industrializzazione: vi rientrano i fenomeni più disparati quali la pressione demografica, le epidemie urbane, la criminalità, gli incidenti sul lavoro, lo sviluppo delle organizzazioni operaie e socialiste, il formarsi della classe operaia, la prostituzione, le nascite illegittime, la delinquenza giovanile, l'alcolismo, il sovversivismo politico, gli scioperi e la disoccupazione, l'analfabetismo e l'istruzione obbligatoria, i diritti «sociali» dei lavoratori, le conseguenti responsabilità che avrebbe dovuto assumere lo stato.

4.         Sul piano economico, gli ambiti di intervento dello stato nel mercato interno ed internazionale, con la tendenza a far prevalere la natura privata degli interessi economici e la non-ingerenza dello stato.  L'azione statale si risolve pertanto nella gestione dell'ordinamento giuridico e del sistema fiscale e monetario, nell'attuazione delle politiche più disparate quali appunto le concessioni delle ferrovie alle compagnie private, la costruzione di barriere doganali contro le importazioni, la concessione di brevetti, la repressione, il controllo o la regolamentazione dei sindacati e della contrattazione collettiva, l'appoggio coperto e scoperto, di tipo finanziario, diplomatico o militare, alle imprese coloniali.