L'impossibile
conquista dell'identità cristiana
di Gertrude, la monaca di Monza.
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Promessi sposi - CAP X Gertrude è costretta dalla volontà del padre a scegliere la monacazione. (1) Vi son de' momenti in cui l'animo, particolarmente de' giovani, è disposto in maniera che ogni poco d'istanza basta a ottenerne ogni cosa che abbia un'apparenza di bene e di sacrifizio : come un fiore appena sbocciato, s'abbandona mollemente sul suo fragile stelo, pronto a concedere le sue fragranze alla prim'aria che gli aliti punto d'intorno. Questi momenti, che si dovrebbero dagli altri ammirare con timido rispetto, son quelli appunto che l'astuzia interessata spia attentamente, e coglie di volo, per legare una volontà che non si guarda.
Al legger quella lettera, il principe *** vide subito lo
spiraglio aperto alle sue antiche e costanti mire. Mandò a dire a
Gertrude che venisse da lui; e aspettandola, si dispose a batter il ferro,
mentre era caldo. Gertrude comparve, e, senza
alzar gli occhi in viso al padre, gli si buttò in ginocchioni davanti, ed
ebbe appena fiato di dire: - perdono! - Ah sì! - esclamò Gertrude, scossa dal timore, preparata dalla vergogna, e mossa in quel punto da una tenerezza istantanea. - Ah! lo capite anche voi, - riprese incontanente il principe. - Ebbene, non si parli più del passato: tutto è cancellato. Avete preso il solo partito onorevole, conveniente, che vi rimanesse; ma perché l'avete preso di buona voglia, e con buona maniera, tocca a me a farvelo riuscir gradito in tutto e per tutto: tocca a me a farne tornare tutto il vantaggio e tutto il merito sopra di voi. Ne prendo io la cura -. Così dicendo, scosse un campanello che stava sul tavolino, e al servitore che entrò, disse: - la principessa e il principino subito -. E seguitò poi con Gertrude: - voglio metterli subito a parte della mia consolazione; voglio che tutti comincin subito a trattarvi come si conviene. Avete sperimentato in parte il padre severo; ma da qui innanzi proverete tutto il padre amoroso. (2) A queste parole, Gertrude rimaneva come sbalordita. Ora ripensava come mai quel sì che le era scappato, avesse potuto significar tanto, ora cercava se ci fosse maniera di riprenderlo, di ristringerne il senso ;ma la persuasione del principe pareva così intera, la sua gioia così gelosa, la benignità così condizionata, che Gertrude non osò proferire una parola che potesse turbarle menomamente. Dopo pochi momenti, vennero i due chiamati, e vedendo lì Gertrude, la guardarono in viso, incerti e maravigliati. Ma il principe, con un contegno lieto e amorevole, che ne prescriveva loro un somigliante, - ecco, - disse, - la pecora smarrita: e sia questa l'ultima parola che richiami triste memorie. Ecco la consolazione della famiglia. Gertrude non ha più bisogno di consigli; ciò che noi desideravamo per suo bene, l'ha voluto lei spontaneamente. È risoluta, m'ha fatto intendere che è risoluta... - A questo passo, alzò essa verso il padre uno sguardo tra atterrito e supplichevole, come per chiedergli che sospendesse, ma egli proseguì francamente: - che è risoluta di prendere il velo. - Brava! bene! - esclamarono, a una voce, la madre e il figlio, e l'uno dopo l'altra abbracciaron Gertrude; la quale ricevette queste accoglienze con lacrime, che furono interpretate per lacrime di consolazione. Allora il principe si diffuse a spiegar ciò che farebbe per render lieta e splendida la sorte della figlia. Parlò delle distinzioni di cui goderebbe nel monastero e nel paese; che, là sarebbe come una principessa, come la rappresentante della famiglia; che, appena l'età l'avrebbe permesso, sarebbe innalzata alla prima dignità; e, intanto, non sarebbe soggetta che di nome. La principessa e il principino rinnovavano, ogni momento, le congratulazioni e gli applausi: Gertrude era come dominata da un sogno. - Converrà poi fissare il giorno, per andare a Monza, a far la richiesta alla badessa, - disse il principe. - Come sarà contenta! Vi so dire che tutto il monastero saprà valutar l'onore che Gertrude gli fa. Anzi... perché non ci andiamo oggi? Gertrude prenderà volentieri un po' d'aria. - Andiamo pure, - disse la principessa.
- Vo a dar gli ordini, - disse il principino. |
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Le deboli incertezze prima della richiesta di entrare in monastero- (3) Son qui..., - cominciò Gertrude; ma, al punto di proferir le parole che dovevano decider quasi irrevocabilmente del suo destino, esitò un momento, e rimase con gli occhi fissi sulla folla che le stava davanti. Vide, in quel momento, una di quelle sue note compagne, che la guardava con un'aria di compassione e di malizia insieme, e pareva che dicesse: ah! la c'è cascata la brava. Quella vista, risvegliando più vivi nell'animo suo tutti gli antichi sentimenti , le restituì anche un po' di quel poco antico coraggio: e già stava cercando una risposta qualunque, diversa da quella che le era stata dettata; quando, alzato lo sguardo alla faccia del padre, quasi per esperimentar le sue forze, scorse su quella un'inquietudine così cupa, un'impazienza così minaccevole, che, risoluta per paura, con la stessa prontezza che avrebbe preso la fuga dinanzi un oggetto terribile, proseguì: - son qui a chiedere d'esser ammessa a vestir l'abito religioso, in questo monastero, dove sono stata allevata così amorevolmente -. La badessa rispose subito, che le dispiaceva molto, in una tale occasione, che le regole non le permettessero di dare immediatamente una risposta, la quale doveva venire dai voti comuni delle suore, e alla quale doveva precedere la licenza de' superiori. Che però Gertrude, conoscendo i sentimenti che s'avevan per lei in quel luogo, poteva preveder con certezza qual sarebbe questa risposta; e che intanto nessuna regola proibiva alla badessa e alle suore di manifestare la consolazione che sentivano di quella richiesta.
(………..) (4) Gertrude, nel tornare, non aveva troppa voglia di discorrere. Spaventata del passo che aveva fatto, vergognosa della sua dappocaggine, indispettita contro gli altri e contro sé stessa, faceva tristamente il conto dell'occasioni, che le rimanevano ancora di dir di no ; e prometteva debolmente e confusamente a sé stessa che, in questa, o in quella, o in quell'altra, sarebbe più destra e più forte. Con tutti questi pensieri, non le era però cessato affatto il terrore di quel cipiglio del padre; talché, quando, con un'occhiata datagli alla sfuggita, poté chiarirsi che sul volto di lui non c'era più alcun vestigio di collera, quando anzi vide che si mostrava soddisfattissimo di lei, le parve una bella cosa, e fu, per un istante, tutta contenta. Appena arrivati, bisognò rivestirsi e rilisciarsi; poi il desinare, poi alcune visite, poi la trottata, poi la conversazione, poi la cena. Sulla fine di questa, il principe mise in campo un altro affare, la scelta della madrina. Così si chiamava una dama, la quale, pregata da' genitori, diventava custode e scorta della giovane monacanda, nel tempo tra la richiesta e l'entratura nel monastero; tempo che veniva speso in visitar le chiese, i palazzi pubblici, le conversazioni, le ville, i santuari: tutte le cose in somma più notabili della città e de' contorni; affinché le giovani, prima di proferire un voto irrevocabile, vedessero bene a cosa davano un calcio. - Bisognerà pensare a una madrina, - disse il principe: - perché domani verrà il vicario delle monache, per la formalità dell'esame, e subito dopo, Gertrude verrà proposta in capitolo, per esser accettata dalle madri -. Nel dir questo, s'era voltato verso la principessa; e questa, credendo che fosse un invito a proporre, cominciava: - ci sarebbe... - Ma il principe interruppe: - No, no, signora principessa: la madrina deve prima di tutto piacere alla sposina; e benché l'uso universale dia la scelta ai parenti, pure Gertrude ha tanto giudizio, tanta assennatezza, che merita bene che si faccia un'eccezione per lei -. E qui, voltandosi a Gertrude, in atto di chi annunzia una grazia singolare, continuò: - ognuna delle dame che si son trovate questa sera alla conversazione, ha quel che si richiede per esser madrina d'una figlia della nostra casa; non ce n'è nessuna, crederei, che non sia per tenersi onorata della preferenza: scegliete voi. (5) Gertrude vedeva bene che far questa scelta era dare un nuovo consenso; ma la proposta veniva fatta con tanto apparato, che il rifiuto, per quanto fosse umile, poteva parer disprezzo, o almeno capriccio e leziosaggine . Fece dunque anche quel passo; e nominò la dama che, in quella sera, le era andata più a genio; quella cioè che le aveva fatto più carezze, che l'aveva più lodata, che l'aveva trattata con quelle maniere famigliari, affettuose e premurose, che, ne' primi momenti d'una conoscenza, contraffanno una antica amicizia. - Ottima scelta, - disse il principe, che desiderava e aspettava appunto quella. Fosse arte o caso, era avvenuto come quando il giocator di bussolotti facendovi scorrere davanti agli occhi le carte d'un mazzo, vi dice che ne pensiate una, e lui poi ve la indovinerà; ma le ha fatte scorrere in maniera che ne vediate una sola. Quella dama era stata tanto intorno a Gertrude tutta la sera, l'aveva tanto occupata di sé, che a questa sarebbe bisognato uno sforzo di fantasia per pensarne un'altra. Tante premure poi non eran senza motivo: la dama aveva, da molto tempo, messo gli occhi addosso al principino, per farlo suo genero: quindi riguardava le cose di quella casa come sue proprie; ed era ben naturale che s'interessasse per quella cara Gertrude, niente meno de' suoi parenti più prossimi.
Il giorno dopo, Gertrude si svegliò col pensiero
dell'esaminatore che doveva venire; e mentre stava ruminando se potesse
cogliere quella occasione così decisiva, per tornare indietro, e in qual
maniera, il principe la fece chiamare. - Orsù, figliuola, - le disse: -
finora vi siete portata egregiamente: oggi si tratta di coronar l'opera.
Tutto quel che s'è fatto finora, s'è fatto di vostro consenso.
Se in
questo tempo vi fosse nato qualche dubbio, qualche pentimentuccio, grilli
di gioventù, avreste dovuto spiegarvi; ma al punto a cui sono ora le
cose, non è più tempo di far ragazzate. Quell'uomo dabbene che deve
venire stamattina, vi farà cento domande sulla vostra vocazione: e se vi
fate monaca di vostra volontà, e il perché e il per come, e che so io?
Se voi titubate nel rispondere, vi terrà sulla corda chi sa quanto.
Sarebbe un'uggia, un tormento per voi; ma ne potrebbe anche venire un
altro guaio più serio. Dopo tutte le dimostrazioni pubbliche che si son
fatte, ogni più piccola esitazione che si vedesse in voi, metterebbe a
repentaglio il mio onore, potrebbe far credere ch'io avessi presa una
vostra leggerezza per una ferma risoluzione, che avessi precipitato la
cosa, che avessi... che so io? In questo caso, mi troverei nella necessità
di scegliere tra due partiti dolorosi: o lasciar che il mondo formi un
tristo concetto della mia condotta: partito che non può stare
assolutamente con ciò che devo a me stesso o svelare il vero motivo
della vostra risoluzione e... - L'uomo dabbene veniva con un po' d'opinione già fatta che Gertrude avesse una gran vocazione al chiostro: perché così gli aveva detto il principe, quando era stato a invitarlo. È vero che il buon prete, il quale sapeva che la diffidenza era una delle virtù più necessarie nel suo ufizio, aveva per massima d'andar adagio nel credere a simili proteste, e di stare in guardia contro le preoccupazioni; ma ben di rado avviene che le parole affermative e sicure d'una persona autorevole, in qualsivoglia genere, non tingano del loro colore la mente di chi le ascolta. Dopo i primi complimenti, - signorina, - le disse, - io vengo a far la parte del diavolo; vengo a mettere in dubbio ciò che, nella sua supplica lei ha dato per certo; vengo a metterle davanti agli occhi le difficoltà, e ad accertarmi se le ha ben considerate. Si contenti ch'io le faccia qualche interrogazione. - Dica pure, - rispose Gertrude. Il buon prete cominciò allora a interrogarla, nella forma prescritta dalle regole. - Sente lei in cuor suo una libera, spontanea risoluzione di farsi monaca? Non sono state adoperate minacce, o lusinghe? Non s'è fatto uso di nessuna autorità, per indurla a questo? Parli senza riguardi, e con sincerità, a un uomo il cui dovere è di conoscere la sua vera volontà, per impedire che non le venga usata violenza in nessun modo.
(6).
- Da quanto tempo le è nato codesto pensiero? - domandò
ancora il buon prete. Attraversando le sale per uscire, s'abbatté nel principe, il quale pareva che passasse di là a caso; e con lui pure si congratulò delle buone disposizioni in cui aveva trovata la sua figliuola. Il principe era stato fino allora in una sospensione molto penosa: a quella notizia, respirò, e dimenticando la sua gravità consueta, andò quasi di corsa da Gertrude, la ricolmò di lodi, di carezze e di promesse, con un giubilo cordiale, con una tenerezza in gran parte sincera: così fatto è questo guazzabuglio del cuore umano. (....) (7). Noi non seguiremo Gertrude in quel giro continuato di spettacoli e di divertimenti. E neppure descriveremo, in particolare e per ordine, i sentimenti dell'animo suo in tutto quel tempo: sarebbe una storia di dolori e di fluttuazioni, troppo monotona, e troppo somigliante alle cose già dette. L'amenità de' luoghi, la varietà degli oggetti, quello svago che pur trovava nello scorrere in qua e in là all'aria aperta, le rendevan più odiosa l'idea del luogo dove alla fine si smonterebbe per l'ultima volta, per sempre. Più pungenti ancora eran l'impressioni che riceveva nelle conversazioni e nelle feste. La vista delle spose alle quali si dava questo titolo nel senso più ovvio e più usitato, le cagionava un'invidia, un rodimento intollerabile; e talvolta l'aspetto di qualche altro personaggio le faceva parere che, nel sentirsi dare quel titolo, dovesse trovarsi il colmo d'ogni felicità. Talvolta la pompa de' palazzi, lo splendore degli addobbi, il brulichìo e il fracasso giulivo delle feste, le comunicavano un'ebbrezza, un ardor tale di viver lieto, che prometteva a se stessa di disdirsi, di soffrir tutto, piuttosto che tornare all'ombra fredda e morta del chiostro
(8).
Ma
tutte quelle risoluzioni sfumavano alla considerazione più riposata delle
difficoltà, al solo fissar gli occhi in
viso al principe. Talvolta anche,
il pensiero di dover abbandonare per sempre que' godimenti, gliene rendeva
amaro e penoso quel piccol saggio; come l'infermo assetato guarda con
rabbia, e quasi rispinge con dispetto il cucchiaio d'acqua che il medico
gli concede a fatica. È una delle facoltà singolari e incomunicabili della religione cristiana, il poter indirizzare e consolare chiunque, in qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad essa (9). Se al passato c'è rimedio, essa lo prescrive, lo somministra, dà lume e vigore per metterlo in opera, a qualunque costo; se non c'è, essa dà il modo di far realmente e in effetto, ciò che si dice in proverbio, di necessita virtù. Insegna a continuare con sapienza ciò ch'è stato intrapreso per leggerezza; piega l'animo ad abbracciar con propensione ciò che è stato imposto dalla prepotenza, e dà a una scelta che fu temeraria, ma che è irrevocabile, tutta la santità, tutta la saviezza, diciamolo pur francamente, tutte le gioie della vocazione. È una strada così fatta che, da qualunque laberinto, da qualunque precipizio, l'uomo capiti ad essa, e vi faccia un passo, può d'allora in poi camminare con sicurezza e di buona voglia, e arrivar lietamente a un lieto fine.
Con
questo mezzo,
Gertrude avrebbe potuto essere
una monaca santa e contenta, comunque lo fosse divenuta. Ma l'infelice si
dibatteva in vece sotto il giogo, e così ne sentiva più forte il peso e
le scosse. Un rammarico incessante della libertà perduta, l'abborrimento
dello stato presente, un vagar faticoso dietro a desidèri che non
sarebbero mai soddisfatti, tali erano le principali occupazioni dell'animo
suo. Rimasticava quell'amaro passato, ricomponeva nella memoria tutte le
circostanze per le quali si trovava lì; e disfaceva mille volte
inutilmente col pensiero ciò che aveva fatto con l'opera;
accusava sé di
dappocaggine, altri di tirannia e di perfidia; e
si rodeva.
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2.
Il
pentimento di Gertrude. Le sue naturali incertezze non riescono a
convincercla ad un rifiuto, poichè la figura del padre continua ad essere
per lei minacciosa.
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3. Il rimpianto della propria giovinezza, intuito nello
sguardo compassionevole di una compagna, sembra darle un po' di forza per
arrivare al rifiuto, ma lo sguardo minaccioso del padre la frena
nuovamente.
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4.
Ritorna, a maggior tormento di Gertrude, la coscienza della sua debolezza,
della sua mancanza di volontà. Quando mai avrà la forza e il coraggio di
dir di no? Le occasioni si fanno sempre meno numerose e sempre più
difficili da cogliere.
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5.
Il colloquio con il Padre vicario potrebbe esser un'occasione per definire
con sincerità le ragioni del suo animo, ma anche questo spazio è
inesistente. Infatti tale colloquio non è niente più che una formalità.
Infatti una semplice incertezza
della giovane sarebbe stata intesa come una leggerezza anche del padre,
che avrebbe perso il suo onore nel proporre per la monacazione una figlia,
che poi si fosse sottratta all'impegno.
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6.
Gertrude potebbe ancora salvarsi , rispondendo
al vicario dicendo tutta la verità; ma la verità
comprende anche l' episodio del paggio e la paura delle conseguenze, anche
sociali del suo gesto, le impedisce di
confessare una colpa che essa ormai reputa enorme e vergognosa. Perciò
mente a sè e all' esaminatore.
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7.
La descrizione degli incontri di Gertrude dopo la sua promessa solenne al
vicario danno la misura delle
contraddizioni
che sta vivendo. Lo spettacolo delle gioie
del secolo l'attrae inconsciamente tanto da convincerla - nella
disperazione del suo stato - a
resistere ancora negando una definitiva
accettazione del chiostro. Non aveva osato prima operare il rifiuto,
quando sarebbe stata ancora in tempo per farlo; ora si tratta di
risoluzioni improprie, che hanno la debolezza della disperazione e che
sfumano al solo fissar in viso gli occhi del padre
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8.
Si consuma l'ultima fase della vicenda. Gertrude si è quasi abituata agli
agi ed alle attenzioni di cui è circondata in vista della sua futura
accettazione della condizione religiosa. E' chiamata da tutti la sposa,
con un'evidente contraddizione nel significato di questo termine. Tali
attenzioni divengono per lei come un
temporaneo stordimento,
una più beffarda prova,
che anticipa l'abbandono definitivo dal mondo.
Il " lungo strazio" della giovane , sottoposta a quest'ultima
dolorosa esperienza di contatto prolungato con le gioie del mondo, riassume
il dolore della sua condizione. Alla
fine, sentendosi incapace di un rifiuto che sarebbe apparso ormai
incomprensibile ai più, la poveretta
divenne impaziente di abbreviare il tempo che la separava dalla scelta
definitiva: iniziò pertanto i dodici
mesi di noviziato che la porteranno - non senza ulteriori ripensamenti -
all'ingresso definitivo nel monastero.
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9. Il destino
di Gertrude è ormai compiuto, e la sua vita sarà segnata da un'
eterna pena inconsolabile, legata alla sua reclusione nel chiostro.
Tuttavia per Manzoni
potrebbe, ad un tratto,
aprirsi
uno
spiraglio nel buio
della vita della giovane.
La vita potrebbe non essere spenta, la condanna
alla solitudine potrebbe non essere totale, se Gertrude riconquistasse
una fede autentica, la speranza in Dio, la gioia della vocazione
religiosa. Infatti la religione
cristiana sa indirizzare per il meglio le scelte non sufficientemente
consapevoli e meditate, sa dare vigore alle decisioni assunte dietro
l'imposizione della forza: insomma
aiuta a far di necessità virtù,
se necessario,
indirizzando per il meglio la volontà
umana, quando essa è troppo debole per agire da sola.
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10.
La scelta,
ormai
irrevocabile, sarebbe potuta essere accettabile in chiave cristiana. Invece
Gertrude dà vita a continui tormenti
nell'animo suo:
rimpiange
il passato
segnato da una libertà personale ormai mancata,
detesta
la sua condizione
presente,
desidera
quanto ormai le è impedito di avere. Si rode inutilmente; e rende dolorosa la sua vita
presente ritornando con il pensiero alle scelte non assunte con coraggio,
accusando in cuor suoi le violenze subite. Esalta e maledice -
inconsapevolmente nell'animo suo - la
bellezza,
che sente esserle inutile, e la
giovinezza che le sfugge
definitivamente. Invidia la
condizione di ogni altra donna.
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