S. Freud: il teorizzatore dell'inconscio -
Saggi sull'arte la letteratura ed il linguaggio.


Sigmund Freud (1856-1939) - Le teorie sull'inconscio

Neurologo e psichiatra austriaco, fondatore della psicoanalisi. Laureatosi in medicina a Vienna (1881) ricevette un profondo influsso dalle lezioni tenute da J.M. Charcot, sull’uso dell’ipnosi in psichiatria e dalla collaborazione viennese con J.Breuer, che in quegli anni stava sperimentando un impiego terapeutico dell’ipnosi per la cura dell’isteria. Sostituendo all’ipnosi il metodo delle libere associazioni e collegando l’insorgere del disturbo nevrotico alla rimozione di desideri inconsci, generalmente ricollegabili a pulsioni sessuali, pose le basi della psicoanalisi.

Dopo un lungo periodo di autoanalisi e di osservazioni sui suoi pazienti, diede una prima forma alle sue nuove teorie pubblicando L’interpretazione dei sogni (1900), in cui sosteneva l’importanza dell’attività onirica in quanto manifestazione di desideri inconsci e la possibilità di risalire attraverso l’analisi dei suoi contenuti alle cause scatenanti di molti disturbi psichici. Tale elaborazione iniziale fu ampliata e sistemizzata negli anni successivi in Psicopatologia della vita quotidiana (1901) e Tre saggi sulla teoria della sessualità (1905): nel primo Freud esamina il rapporto esistente tra i contenuti psichici e i comportamenti quotidiani e il forte potere inibitorio che quelli hanno su questi; nel secondo pone invece in risalto la stretta relazione tra sessualità infantile e adulta. A questo punto la teoria psicoanalitica aveva ormai ottenuto una larga diffusione e, accanto a perplessità e qualche posizione, un sostanziale consenso.

Dopo il 1910 Freud ne modificò solo parzialmente alcuni elementi con la riedizione di opere precedenti ma, soprattutto, togliendola dagli stretti limiti dell’ambito terapeutico, cercò di servirsene per dare un’interpretazione più generale dell’uomo nella sua complessità individuale e nei suoi rapporti sociali. Con Totem e tabù (1913), Al di là del principio del piacere (1920), Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), Il disagio della civiltà (1930), Mosè e il monoteismo (1934-38) egli individuò nella perenne contrapposizione tra il principio di piacere (Eros) e la pulsione di morte (Thanatos), uno degli elementi fondamentali del disagio psichico dell’uomo e nella rimozione di molti dei propri istinti, cui lo costringe la vita socialmente strutturata, una delle cause della sua perpetua insoddisfazione. La sua rivoluzionaria esplorazione dei meccanismi dell’inconscio gli diede fama internazionale e attorno a lui si formò un folto gruppo di seguaci. Nel 1938, all’invasione nazista dell’Austria, dovette rifugiarsi a Londra.

Altre opere: Introduzione alla psicoanalisi (1915-17), L’Io e l’Es; Inibizione, sintomo angoscia (1926).

  • La centralità della psiche e della dimensione inconscia

La psicoanalisi si prefigge lo scopo di analizzare la dimensione inconscia della vita dell’uomo e si basa su teorie che ne chiariscono la sua struttura e i modi nei quali essa influenza l’attività cosciente.

Le teorie del tempo sostenevano, invece, che le cause delle nevrosi fossero da individuarsi in lesioni del cervello o in fattori di tipo ereditario. Freud abbandonerà la centralità del corpo quale causa di queste malattie e individuerà piuttosto nella psiche umana la causa del disagio mentale, aprendo così la strada a un modello terapeutico e teorico che avrà straordinaria fortuna.

  • Tecnica delle associazioni libere e meccanismo delle rimozioni

Freud, grazie ai suoi studi, abbandonerà la tecnica dell’ipnosi e introdurrà la tecnica delle associazioni libere, metodologia basilare della terapia psicoanalitica. Il paziente viene fatto sdraiare in modo che possa rilassarsi e far fluire liberamente pensieri, emozioni, ricordi, fantasie, immagini. L’utilizzo di questa tecnica permetterà a Freud di scoprire come i pazienti tendano a dare una forma logica ai propri pensieri  e a non riferire le fantasie più sgradevoli: tale comportamento verrà denominato resistenza.

Tramite queste sedute, dopo anni di lavoro con pazienti nevrotici, Freud formulò la teoria della rimozione, per la quale l’inconscio consiste, come prima definizione, in tutto ciò che è stato rimosso.

  • Il complesso di Edipo

Nella prima infanzia il bambino prova un forte sentimento d’amore per il genitore del sesso opposto. Sulla base di tali sentimenti il bambino sviluppa una serie di fantasie che, rimosse a causa del loro scontrarsi con il tabù dell’incesto, vanno a far parte della dimensione inconscia di ogni uomo.

La passione edipica si dissolve a fronte del timore di essere severamente puniti (angoscia di castrazione) dal proprio rivale in amore (il genitore dello stesso sesso).

Il bambino è quindi costretto a rinunciare a questa sfida impossibile, le passioni edipiche vengono così dimenticate (rimosse). Nell’inconscio, afferma Freud, non esiste segno di realtà, per tale motivo le fantasie incestuose non vengono ricordate: l’inconscio assume così una struttura transindividuale. Il loro tramonto porta a un radicale capovolgimento di fronte: il maschio s’identifica col padre e la femmina con la madre, con la speranza di trovare in futuro, fuori dalla famiglia un oggetto d’amore capace di soddisfare gli antichi desideri non realizzati.

  • La teoria psicoanalitica

Freud per rendere “visibili” determinati “luoghi” dell’inconscio idealizza strutture denominate topiche (da topos= luogo), la descrizione di un processo psichico dal punto di vista topico comporta perciò la ricostruzione dei passaggi tra i differenti luoghi della psiche.

La prima topica consiste nella descrizione del funzionamento dell’apparato pschico.

In essa vengono individuati tre gruppi psichici: l’inconscio, il preconscio e la coscienza. L’inconscio è costituito da rappresentanti pulsionali caricati di energia che tende alla scarica, creando così i moti di desiderio. L’unico scopo del pensiero inconscio è la realizzazione di questi desideri. Il preconscio si differenzia dall’inconscio principalmente per il fatto che il suo funzionamento è retto dal processo secondario e le rappresentazioni in esso presenti sono prevalentemente parole e non immagini, tipiche invece della dimensione inconscia.

Per le sue caratteristiche la coscienza costituisce il nucleo dell’Io, anche se non vi è una completa sovrapposizione tra le due strutture, in quanto buona parte dell’Io è inconscia.

Per questa imperfetta coincidenza Freud elabora una diversa concezione della psiche, denominata seconda topica, che però non è creata in sostituzione della prima ma come integrazione. Essa suddivide la psiche in: Es, Io, Super-Io.

  • L’Es: il punto d’origine dell’energia pulsionale

Con il termine “Es” Freud indica tutto ciò che è patrimonio ereditario della psiche umana, perciò innanzitutto l’energia  pulsionale. L’Es è formato dall’insieme delle pulsioni e dei bisogni elementari, ad esso appartengono anche i fantasmi originari, strutture innate che guidano il desiderio del soggetto nella formazione del complesso edipico, la cui evoluzione rimane comunque legata alle vicende personali e alle particolari circostanze di vita di ciascun individuo.

  • L’Io: l’intermediario tra pulsioni interne e realtà esterna

L’Io è un’entità estremamente complessa e contraddittoria., si costituisce attraverso l’identificazione del soggetto con le figure parentali, per cui il soggetto ama se stesso come amava i propri genitori (narcisismo). L’Io rappresenta in tal senso la convergenza di cariche libidiche dirette verso soggetti esterni (libido oggettuale), abbandonate e neutralizzate della loro carica sessuale, ma può anche essere considerato come un derivato dell’Es, cioè un apparato con funzioni adattive che permette al soggetto di entrare in relazione con la realtà esterna, riconoscendone l’autonomia e accettando le limitazioni alla soddisfazione dei propri desideri. L’Io funziona come mediatore fra le dinamiche pulsionali interne e il mondo esterno.

  • Il Super-Io: base della convivenza civile

Il Super-Io è paragonabile a un giudice interiore che si basa sulle norme e divieti dei genitori assimilati dal soggetto e con i quali, a termine della vicenda edipica, egli si identifica. L’insieme di queste norme diverranno poi la legge morale dell’individuo oltrepassando confini individuali ed aprendosi a tutte le leggi morali generali.

  • Il disagio della civiltà

In uno dei suoi saggi Freud tratta il disagio della civiltà, inteso come un senso di insoddisfazione diffusa strettamente correlata al progredire della civilizzazione.

L’analisi effettuata da Freud delinea chiaramente il conflitto insanabile dell’uomo tra il principio di piacere e quello di realtà., tra le pulsioni sessuali e quelle dell’Io.
Da un lato la propensione a voler tutto subito, dall’altro la frustrazione data dall’impossibilità della realizzazione di tale desiderio in così poco tempo o dalla pretenziosità del desiderio stesso.
 

S. Freud - Il poeta e la fantasia  ( 1908 )

Natura della composizione poetica - Noi profani siamo sempre stati intensamente curiosi di sapere - come il Cardinale che pose ad Ariosto una domanda simile - a quali fonti attinga il suo materiale quello strano essere che è il poeta, e come riesca a fare su di noi una tale impressione e a destare in noi emozioni di cui forse non ci ritenevamo neppure capaci.  Ed il nostro interesse aumenta ancora quando, ponendogli la domanda, lo scrittore non dà spiegazioni, o non ne dà di soddisfacenti; né ci ferma la consapevolezza che anche la più chiara penetrazione nelle cause determinanti la scelta del materiale e nella natura della creazione della forma fantastica, non contribuirà mai a fare di noi dei poeti.

Se potessimo almeno scoprire in noi stessi o in persone simili a noi un'attività in qualche modo analoga alla composizione creativa!  Esaminandola, avremmo allora la speranza di ottenere una prima spiegazione dei lavoro creativo degli scrittori.  Ed anzi, c'è qualche probabilità che questo sia possibile.  Dopo tutto, i poeti stessi amano ridurre la distanza che li separa dalla media degli uomini e spesso ci assicurano che ogni uomo in fondo è un poeta e che l'ultimo poeta morirà solo con l'ultimo uomo.

Non dovremmo forse cercare già nell'infanzia le prime tracce della fantasia poetica? 
Il gioco è l'occupazione più intensa e prediletta del bambino. 
Non possiamo dire che ogni bambino giocando si comporta come un poeta, nel momento in cui si crea un mondo proprio, o piuttosto mentre riordina in un nuovo modo di suo gradimento le cose dei suo mondo? Sarebbe errato pensare che egli non prenda sul serio quel mondo; al contrario, egli prende molto sul serio il suo gioco e vi prodiga una grande quantità di emozioni L'opposto del gioco non è ciò che è serio, ma ciò che è reale.

Nonostante tutte le emozioni riversate sul mondo dei suoi giochi, il bambino lo distingue benissimo dalla realtà ed ama legare gli oggetti e le situazioni immaginate alle cose tangibili e visibili del mondo reale. E' questo collegamento che differenzia il «gioco» dei bambino dal «fantasticare».

Il gioco del bambino  - Il poeta si comporta come il bambino che gioca.  Egli crea un mondo di fantasia che prende molto sul serio - in cui, cioè, investe una grande carica emotiva - e lo separa nettamente dalla realtà.  La lingua ha conservato questo rapporto tra il gioco del bambino e la creazione poetica, definendo con il termine Spiel (gioco) quelle forme di composizione poetica che devono essere collegate ad oggetti tangibili e che sono destinate alla rappresentazione; troviamo così indicati con Lustspiel («recita» o «gioco piacevole») la commedia, con Trauerspiel («recita» o «gioco luttuoso») la tragedia e con Schauspieler («giocatore» o «chi dà spettacolo») coloro che eseguono la rappresentazione.  Tuttavia la irrealtà del mondo fantasioso dello scrittore dà luogo a conseguenze molto importanti per la tecnica artistica; infatti molte cose, viste nella loro realtà non potrebbero dare alcun godimento, ma possono invece darlo nel gioco della fantasia, e così molte eccitazioni che in sé sono veramente penose, possono diventare fonte di piacere per gli ascoltatori e per gli spettatori alla rappresentazione del lavoro dello scrittore.

Un'ulteriore considerazione ci spinge a soffermarci ancora un momento su questo contrasto tra realtà e gioco.  Quando il bambino è cresciuto ed ha smesso di giocare, e dopo che per anni si è affaticato ad affrontare le realtà della vita con adeguata serietà, può un giorno trovarsi in uno stato psichico tale da disfare nuovamente il contrasto tra gioco e realtà.  Come adulto egli può riconsiderare l'intensa serietà con la quale giocava durante l'infanzia, e, confrontando le attuali occupazioni apparentemente serie con i giochi infantili, può liberarsi dei pesante fardello impostogli dalla vita e conquistare il grande piacere dell'umorismo.

Crescendo gli uomini smettono quindi di giocare e sembra che rinuncino al piacere che ottenevano dal gioco.  Ma chi conosce la psiche umana sa che nulla è più difficile per un uomo della rinuncia ad un piacere già provato una volta.  In realtà, non possiamo mai rinunciare a qualcosa, possiamo solo sostituire una cosa ad un'altra.

Ciò che sembra una rinuncia è in realtà la formazione di un sostituto o di un surrogato.  E così il bambino crescendo, quando smette di giocare, non rinuncia ad altro che al collegamento con gli oggetti reali: invece di giocare egli ora fantastica.  Costruisce castelli in aria e crea i cosiddetti sogni ad occhi aperti.  Credo che la maggior parte delle persone costruiscano a volte nella loro vita delle fantasie.  Questo fatto è stato per molto tempo trascurato e di conseguenza non ne è stata sufficientemente valutata l'importanza.

Giochi e fantasie adulte - E più difficile osservare le fantasie degli adulti che i giochi dei bambini.  E vero che il bambino gioca da solo o forma un sistema psichico chiuso con gli altri bambini ai fini del gioco; ma anche se non gioca di fronte agli adulti tuttavia non nasconde loro il suo gioco.  L'adulto invece si vergogna delle sue fantasie e le nasconde alle altre persone.  Egli considera le fantasie come le sue cose più intime e in genere pur di non svelarle preferirebbe confessare le sue colpe.  Può così succedere che egli ritenga di essere l'unica persona ad inventare tali fantasie e che non abbia la minima idea della diffusione di creazioni di questo tipo tra le altre persone.  Questa differenza nel comportamento di una persona che gioca e di una persona che fantastica è spiegata dai motivi di queste due attività, che tuttavia sono l'una complementare all'altra.

Il gioco dei bambino è determinato dai desideri, anzi da un unico desiderio (che contribuisce alla sua educazione), il desiderio di essere grande e adulto.  Egli gioca sempre ad «essere grande» e nei suoi giochi imita ciò che sa della vita degli adulti.  Non ha ragione di nascondere questo desiderio.  Per l'adulto la situazione è diversa: da un lato egli sa che ci si aspetta che non continui più a giocare ed a fantasticare, ma che agisca nel mondo reale, dall'altro alcuni dei desideri che danno vita alle fantasie sono tali che è indispensabile nasconderli.  Quindi egli si vergogna delle sue fantasie perché sono infantili e inammissibili.

Ci si potrebbe domandare da dove si prendono notizie così singolari sulla fantasia delle persone, dal momento che queste le circondano di tanto mistero.  Ebbene, esiste una categoria di esseri umani ai quali non un dio ma una dea austera - la Necessità - ha assegnato il compito di raccontare le cose che li fanno soffrire e quelle che danno loro felicità.  Si tratta delle vittime di malattie nervose, che sono costrette a raccontare, tra l'altro, le loro fantasie al dottore dal quale si aspettano di essere guarite con trattamento psichico.  Questa è la nostra migliore fonte di conoscenza, ed abbiamo anche trovato buoni motivi per credere che i nostri pazienti non ci dicano nulla che non potremmo sentir dire anche da persone sane.

Caratteristiche del fantasticare - Le forze motrici delle fantasie sono desideri insoddisfatti, ed ogni singola fantasia è la realizzazione di un desiderio, una correzione della realtà insoddisfacente.  Questi desideri provocatori variano a seconda del sesso, del carattere e delle circostanze della persona che crea la fantasia, ma ricadono naturalmente in due gruppi principali: o sono desideri ambiziosi, che servono ad elevare la personalità dei soggetto, o sono desideri erotici.  ( ... ) 

Non dobbiamo pensare che i prodotti di questa attività fantastica, cioè le varie fantasie, castelli in aria e sogni ad occhi aperti, siano rigide e immutabili Esse si adattano invece alle mutevoli impressioni vitali del soggetto, mutano ad ogni cambiamento della sua situazione e ricevono da ogni nuova impressione attiva quello che si potrebbe definire un «segno distintivo dei tempo». 
Generalmente è molto importante il
rapporto della fantasia con il tempo.  Possiamo dire che esso in un certo senso oscilla fra tre tempi, i tre momenti temporali impiegati dalla nostra rappresentazione.  Il lavoro psichico è legato a qualche impressione attuale, un'occasione dei presente e che sia in grado di ridestare uno dei più grandi desideri dei soggetto.  Da qui ritorna ad un ricordo di un'esperienza precedente (generalmente infantile) in cui questo desiderio si era realizzato; ed ora crea una situazione relativa al futuro che rappresenta una realizzazione dei desiderio.  Crea quindi un sogno ad occhi aperti o una fantasia che porta con sé le tracce della sua origine dall'occasione stimolante e dal ricordo.  Così il passato, il presente e il futuro sono come infilati insieme nel filo del desiderio che li percorre.

Un esempio molto banale può servire a chiarire quello che ho detto.  Prendiamo il caso di un ragazzo povero ed orfano. al quale è stato dato l'indirizzo di un datore di lavoro. dove può forse ottenere un posto.  Incamminandosi egli può indugiare in un sogno ad occhi aperti, adatto alla situazione da cui sorge.  Il contenuto della fantasia potrebbe forse essere questo: ottiene il posto, viene preso in simpatia dal nuovo datore di lavoro, si rende indispensabile nel lavoro, viene accolto nella famiglia dei principale, ne sposa l'affascinante giovane figlia e quindi diventa egli stesso direttore dell'impresa, dapprima come socio e poi come successore del padrone.  In questa fantasia il sognatore ha riconquistato quello che possedeva nella sua infanzia felice: la casa protettiva, i genitori affettuosi ed i primi oggetti dei suoi sentimenti amorosi.  Si può vedere da questo esempio il modo in cui il desiderio si serve di un'occasione del presente per costruire, sul modello dei passato, un'immagine dei futuro.

Si potrebbe dire molto di più sulle fantasie, ma io accennerò solo, il più brevemente possibile, a determinati punti.  Diventando troppo potenti le fantasie pongono le condizioni per la nascita di una nevrosi o di una psicosi.  Inoltre le fantasie sono gli immediati predecessori psichici dei sintomi penosi lamentati dai nostri pazienti.  Da qui un'ampia diramazione sfocia nella patologia.

I sogni - Non posso tralasciare il rapporto delle fantasie con i sogni. I nostri sogni notturni non sono altro che fantasie come queste, e lo possiamo dimostrare con l'interpretazione dei sogni. Il linguaggio, con la sua impareggiabile saggezza, ha da tempo chiarito la questione dell'essenza dei sogni, definendo «sogni ad occhi aperti» le aeree creazioni della fantasia.  Se il significato dei nostri sogni generalmente ci rimane oscuro nonostante questa indicazione, ciò è dovuto alla circostanza che di notte sorgono in noi dei desideri di cui ci vergognano e che dobbiamo nascondere a noi stessi; i quali di conseguenza sono stati rimossi e spinti nell’inconscio.  Questi desideri rimossi e le loro derivazioni possono solo ottenere una espressione altamente deformata.  Una volta che la scienza è riuscita ad identificare il linguaggio del sogno non ci sono più state difficoltà ad ammettere che i sogni notturni sono realizzazioni di desideri proprio come i sogni ad occhi aperti, cioè come le fantasie che conosciamo tutti molto bene.

Il poeta  - Questo è quanto per le fantasie; ed ora passiamo al poeta.  Possiamo davvero cercare di confrontare il poeta con il «sognatore» alla viva luce del sole, e le sue creazioni con i sogni ad occhi aperti?  In ogni caso si impone prima di tutto una distinzione.  Bisogna separare gli scrittori che, come gli antichi autori di poemi epici e di tragedie, si servono di materiale già formato, dagli scrittori che sembrano creare liberamente il proprio materiale.  Noi ci atterremo a quest'ultima categoria e, per il nostro paragone, non sceglieremo gli scrittori più stimati dalla critica, ma i più modesti autori di novelle, romanzi e racconti, i quali tuttavia hanno il più ampio e appassionato pubblico di lettori di entrambi i sessi.  Nelle creazioni di questi narratori una caratteristica ci colpisce particolarmente: c'   è sempre un eroe al centro dell'interesse, per il quale lo scrittore cerca di ottenere la nostra simpatia con tutti i mezzi, e che egli sembra collocare sotto la protezione di una speciale Provvidenza.  Se. alla fine di un capitolo della mia storia, lascio l'eroe privo di sensi e sanguinante per le gravi ferite, sono sicuro di trovarlo all'inizio del capitolo successivo sollecitamente curato ed in via di guarigione; e se il primo volume termina con la nave in cui si trova l'eroe che affonda durante una tempesta, sono sicuro di leggere all'inizio dei secondo volume, di un suo salvataggio miracoloso senza il quale la storia non potrebbe continuare.  Questo sentimento di sicurezza con il quale seguo l'eroe attraverso le sue pericolose avventure è lo stesso sentimento con il quale un eroe nella vita reale si lancia in acqua per salvare un uomo che sta annegando, o si espone al fuoco nemico per prendere d'assalto una batteria.  E' vero sentimento eroico, che uno dei nostri migliori scrittori di teatro, Anzengruber, ha espresso in una frase inimitabile: «Nulla mi può accadere!».  Tuttavia mi sembra che attraverso questa caratteristica rivelatrice dell'invulnerabilità, possiamo immediatamente riconoscere Sua Maestà l'Io, l'eroe di tutti i sogni ad occhi aperti e di tutti i romanzi.

Altre caratteristiche tipiche di queste storie egocentriche indicano la stessa parentela.  Il fatto che tutte le donne dei romanzo si innamorino inevitabilmente dell'eroe si,può difficilmente considerare un ritratto della realtà, ma si può facilmente comprendere come elemento essenziale di un sogno ad occhi aperti.  Lo stesso vale per il fatto che gli altri personaggi della storia sono nettamente divisi in buoni e cattivi, a dispetto della varietà di caratteri umani che si osservano nella vita reale.  I «buoni» sono gli alleati, mentre i «cattivi» sono i nemici e rivali dell'Io che è diventato l'eroe della storia.

Ci rendiamo perfettamente conto che moltissimi scritti poetici sono ben lontani dal modello dell'ingenuo sogno ad occhi aperti; e tuttavia non possono eliminare il sospetto che anche le deviazioni più estreme da quel modello potrebbero essere ad esso ricollegate attraverso una serie ininterrotta di passaggi intermedi.

Mi ha colpito il fatto che in molti dei cosiddetti romanzi psicologici una sola persona, ancora una volta l'eroe, venga descritta dall'interno; in un certo senso, l'autore si insedia nella sua mente e guarda dall'esterno gli altri personaggi.  In genere la natura particolare del romanzo psicologico è dovuta certamente alla tendenza dello scrittore moderno a frazionare il suo Io, mediante l'auto-osservazione, in molti Io parziali, e conseguentemente a personificare in numerosi eroi le correnti in conflitto della propria vita interiore.  In contrasto particolare con il tipo dei sogno ad occhi aperti sembrano trovarsi certi romanzi che potremmo definire «eccentrici», nei quali il personaggio introdotto come eroe svolge una parte attiva molto esigua e osserva da spettatore le azioni e le sofferenze degli altri.  Molti degli ultimi lavori di Zola appartengono a questa categoria.  Ma devo rilevare che l'analisi psicologica di individui che non sono poeti e che sotto certi aspetti si allontanano dalla cosiddetta norma, ci ha mostrato variazioni analoghe nei sogni ad occhi aperti, in cui l'Io si accontenta dei ruolo di spettatore.

Perché il nostro confronto del poeta con il sognatore, e della creazione poetica con il sogno ad occhi aperti, serva a qualcosa, deve innanzitutto dimostrarsi proficuo in qualche modo.  Cerchiamo, ad esempio, di applicare a queste opere del poeta la tesi che abbiamo precedentemente formulato sul rapporto tra la fantasia ed i tre periodi di tempo e il desiderio che li percorre; e con il suo aiuto cerchiamo di studiare i nessi che esistono tra la vita del poeta e le sue opere.  Non si sa mai quali prospettive formulare, nell'affrontare questo problema, e spesso il nesso è stato concepito in maniera troppo semplice.  Alla luce del nostro esame delle fantasie, dovremmo aspettarci il seguente stato di cose: una forte esperienza del presente ridesta nel poeta il ricordo di un'esperienza precedente (generalmente appartenente all'infanzia) da cui nasce ora un desiderio che trova la sua realizzazione nell'opera creativa.  L'opera stessa rivela elementi dell'occasione recente e dell'antico ricordo.

Non ci si deve allarmare per la complessità di questa formula.  Temo anzi che si dimostrerà un modello inadeguato, tuttavia può contenere una prima approssimazione all'effettivo stato di cose; e, in base ad alcuni esperimenti che ho fatto, sono incline a pensare che questo modo di considerare le composizioni creative possa risultare fruttuoso.  Non bisogna dimenticare che l'enfasi, forse strana, sui ricordi infantili della vita del poeta si basa in ultima analisi sull'ipotesi che sia la composizione creativa che il sogno ad occhi aperti sono una continuazione ed un surrogato dell'antico gioco infantile.

Tuttavia non trascuriamo di ritornare su quella categoria di composizioni creative che dobbiamo ritenere non creazioni originali, ma elaborazioni di materiale già pronto e noto.  Anche qui lo scrittore mantiene una certa indipendenza, che si può esprimere nella scelta dei materiale e nelle sue modificazioni, che sono spesso imponenti.  Nella misura in cui il materiale è già pronto, esso è tratto dal tesoro popolare di miti, leggende e favole Lo studio di simili creazioni della psicologia popolare è ben lungi dall'essere completo, ma è molto probabile che i miti, ad esempio, siano le tracce deformate di fantasie di desiderio di intere nazioni, i sogni secolari della giovane umanità.

Direte che per quanto io abbia messo il poeta al primo posto nel titolo dei mio saggio, vi ho parlato molto meno di lui che delle fantasie.  Ne sono consapevole e devo cercare di giustificarmi riferendomi all'attuale stato delle nostre conoscenze.  Ho potuto solamente lanciare alcuni incoraggiamenti e suggerimenti che, partendo dallo studio delle fantasie, conducano al problema della scelta del materiale letterario da parte dello scrittore.  Per quanto riguarda l'altro problema, quello concernente i mezzi con i quali il poeta ottiene gli effetti emotivi che suscita in noi con le sue creazioni, non lo abbiamo ancora neppure sfiorato.  Ma vorrei almeno indicarvi la strada che dalla nostra discussione sulle fantasie porta al problema degli effetti poetici.

Ricorderete che vi ho detto che il sognatore ad occhi aperti nasconde accuratamente le sue fantasie alle altre persone, perché sente di avere ragione di vergognarcene.  Aggiungo ora che se anche egli le comunicasse, non ci potrebbe procurare alcun piacere con le sue rivelazioni.  Tali fantasie, quando le conosciamo, ci ripugnano o almeno ci lasciano indifferenti.  Ma quando un poeta ci presenta i suoi drammi o ci racconta ciò che siamo propensi a considerare il suo sogno ad occhi aperti, noi proviamo un grande piacere, che probabilmente sorge dalla confluenza di molte fonti.  Come lo scrittore ottenga questo, è il suo più intimo segreto; l'ars poetica consiste essenzialmente nella tecnica per superare il senso di ripugnanza che c'è in noi e che certamente è connesso alle barriere 'che sorgono tra ogni singolo lo e gli altri.  Possiamo immaginare due metodi di questa tecnica. li poeta addolcisce il carattere della sua fantasticheria egoistica con alterazioni e travestimenti e ci seduce con la fonte di piacere puramente formale, cioè estetico, che ci offre nella presentazione delle sue fantasie.

Questo piacere, che ci viene offerto per rendere possibile la liberazione di un piacere ancora più grande, proveniente da fonti psichiche più profonde. si potrebbe definire premio d'incentivo o piacere preliminare.  Secondo me tutto il piacere estetico che ci dà il poeta, ha natura di tale piacere preliminare, e il nostro effettivo godimento di un lavoro di fantasia deriva dalla liberazione di tensioni della nostra psiche.  Può anche essere che in parte questo effetto sia dovuto al fatto che lo scrittore ci permette da quel momento in poi di godere dei nostri sogni diurni senza rimproveri e vergogna.  Questo ci porta alla soglia di nuove indagini interessanti e complicate, ma anche, almeno per il momento, alla conclusione della nostra discussione.

 


Per Freud l'
attività poetica è una forma di fantasticheria e appare come la sostituzione dell'attività ludica del bambino. Al centro di tale fantasticheria sta sempre l'io che ritroviamo ad esempio nel romanzo sotto le spoglie dell'eroe, che mette a repentaglio la propria vita, che compie imprese rischiose, ma che triesce sempre a sopravvivere al pericolo. Questo carattere di invulnerabilità lo fa identificare con l'io. Anche nei romanzi psicologici c'è un solo personaggio, l'eroe, descritto dall'interno ed è quello con cui si identifica l'io dell'autore. Questo io a volte è frazionato in io parziali, rappresentati da più eroi / personaggi che incarnano i conflitti interiori che agitano la vita di ogni uomo.

Un parallelismo si può istituire tra poeta e sognatore ad occhi aperti; di solito una forte impressione attuale risveglia un ricordo risalente per lo più all'infanzia a cui si associa un desiderio, che si crea il proprio appagamento nella creazione poetica: èpresente, passato e futuro si fondono in una dimensione atemporale.
Nel caso di poeti che riprendono
miti e leggende Freud dice che questi ultimi sono probabilmente residui deformati di fantasie di desiderio di intere nazioni e cioè sogni secolari della giovane umanità.

L'effetto poetico si attua poichè il poeta, con la sua arte, vince la naturale ripugnanza degli adulti a misurarsi con le loro fantasticherie: tale ripugnanza è in connessione con le barriere che esistono tra ogni singolo io e gli altri. La fantasticheria viene dal poeta velata o alterata coscientemente ed essa produce un godimento puramente formale ed estetico. Questo godimento ci viene offerto perché si produce la liberazione di un piacere maggiore da fonti psichiche più profonde. Questo godimento prende il nome di piacere preliminare ( godimento di seduzione ). La sua funzione è quella di liberare il vero godimento, che è liberazione di tensioni della nostra psiche. Essenziale è il fatto che, d'ora in poi, si può godere delle proprie fantasie senza rimprovero o vergogna. L'arte è dunque un'attività che si propone di temperare desideri rrisolti, innanzitutto nell'artista creatore e poi nell'ascoltatore e nello spettatore.

L'artista dà vita innanzitutto ad un'autoliberazione; comunicando la sua opera, la trasmette ad altri che soffrondo degli stessi desideri. Ma le sue fantasie di desiderio più personali divengono opera d'arte solo attraverso una trasformazione, che mitiga l'aspetto urtante di tali desideri, ne cela l'orgine personale ed offre agli altri, rispettando le regole estetiche, seducenti premi di piacere.

Esiste comunque un'altra forma di piacere latente, che deriva dalle fonti recondite della liberazione pulsionale. In quanto realtà convenzionalmente accettata, l'arte costituisce un regno intermedio tra la realtà che frustra i desideri e il mondo della fantasia che li appaga, un dominio in cui sono rimaste vive le aspirazioni all'onnipotenza dell'umanità primitiva. Quindi, mediante la propria opera l'autore provoca nello spettatore uno sfogo di affetti. Ne consegue da un lato un godimento , in quanto tale sfogo di affetti produce un sollievo, dall'altro un probabile eccitamento sessuale, dovuto al risveglio di questi affetti. Entrambi costituiscono un'elevazione del tono psichico.

Questa soddisfazione è dovuta all'identificazione dello spettatore con l'eroe, che gli permette di vivere senza sofferenze - immaginariamente - esperienze nuove, strane, grandi. La sua soddisfazione si basa sull'illusione; l'attenuazione della sofferenza è dovuta al fatto che chi soffre, chi si agita, chi compie imprese rischiose è un altro. Il tutto è un gioco consapevole.

Questa soddisfazione avviene in diverse maniere:
-
nella lirica abbiamo uno sfogo di sensazioni intense
-
nell'epica c'è la grande personalità che trionfa
- il
dramma scandaglia in profondità le possibilità affettive ed arriva a far provare godimento per situazioni rischiose e pericolose. In questo caso la soddisfazione si identifica con il piacere masochistico di sentirsi debole e sconfitto. E' il caso del conflitto uomo-dio, della ribellione all'autorità costituita. Per lo più queste sofferenze sono spirituali e non fisiche e debbono avere un antefatto, una situazione preliminare di conflitto che richiede uno sforzo della volontà ed una resistenza. Questo antefatto permette di svolgersi del processo di identificazione.

Abbiamo diversi tipi di dramma:
- la
tragedia di rivolta in cui la lotta è contro la divinità. L'autore e lo spettatore parteggiano per il ribelle.
- il
dramma borghese in cui il conflitto è con la società borghese
- il
dramma di carattere in cui la lotta è fra vari personaggi, caratterizzazione di vari tipi umani
- il
dramma psicologico in cui si hanno impulsi diversi in contrasto tra di loro e la causa dei contrasti è delle istituzioni.
- il
dramma psicopatologico in cui si ha la lotta tra impulsi derivanti da una fonte conscia e impulsi derivanti da una fonte inconscia. Condizione di godimento è la nevrosi dello spettatore: in esso infatti la rimozione sta per crollare, è labile ed ha costantemente bisogno di un nuovo dispendio, evitabile se l'impulso giunge al riconoscimento. Soggetto del dramma è la lotta interiore di un nevrotico, ma anche in questo caso il drammaturgo non susciterà semplicemente il godimento della liberazione ma anche una resistenza. Esempio significativo è Amleto in cui notiamo queste tre caratteristiche:
1. l'eroe diviene psicopatico nel corso della rappresentazione
2. il tipo di impulso rimosso non viene chiaramente rappresentato, ma è di quelli comuni a tutti noi
3. l'impulso rimosso non viene rappresentato, ma il processo deve svolgersi mentre lo spettatore è in preda all'emozione, così la resistenza è risparmiata.

Inoltre occorre che l'autore faccia in modo che lo spettatore riconosca questo conflitto come suo; quindi dove la rimozione non c'è deve essere creata. Se non accade questo lo spettatore non si identifica e considera il protagonista un malato. Quindi perché un dramma psicopatologico sia riuscito ci devono essere: labilità nevrotica del pubblico, arte del drammaturgo nell'evitare le resistenze e nell'offrire un piacere preliminare.

Si tratta di un problema di rapporti quello che l'autore stabilisce con lo spettatore ed il lettore, mediante la figura del protagonista e le situazioni in cui lo proietta.
1)
Rapporti a livello inconscio quando l'autore scrive per liberarsi sotto l'impulso di rimozioni, personalmente drammatiche ed irte di conflitti e lo spettatore, vittima dello stesso tipo di nevrosi, trova inconsciamente durante la fruizione anche la sua liberazione.
2)
Rapporti a livello conscio quando l'autore non solo si trova nella condizione precedente, ma, nell'eseguire la sua opera, tiene anche conto della psiche dello spettatore e lo aiuta in un certo senso nella fruizione, manipolandone il consenso. Lo spettatore, dal canto suo, avverte un conflitto psicologico, quando un particolare troppo scoperto blocca la sua liberazione e lo riporta ad una brusca rimozione con intervento cosciente. Entrambi questi livelli si trovano in uno dei modi in cui può avvenire il rapporto tra autore e spettatore: il perturbante.

Freud definisce il perturbante un conflitto di giudizio, quando si presenta una realtà inconsueta, nuova, non familiare, incredibile, in una dimensione che, tutt'a un tratto e per un momento, appare possibile, familiare, credibile. Come si può comprendere il perturbante non è una caratteristica specifica del rapporto di fruizione dell'arte, ma si realizza in tutte le altre esperienze. Il perturbante può muovere da realtà superate o da realtà rimosse.
 

     
S. Freud - L'interesse per la psicoanalisi da parte delle scienze non psicologiche ( 1913 )

L'interesse linguistico

Di certo mi spingo oltre l'abituale significato della parola ipotizzando l’interesse per la psicoanalisi da parte dello studioso della lingua.  Qui non si deve intendere per lingua la semplice espressione di pensieri in parole, ma anche il linguaggio mimico e qualunque altro tipo di espressione di una attività psichica, come la scrittura.  Dopo di ciò si può tuttavia osservare che le interpretazioni della psicoanalisi sono in primo luogo traduzioni da un modo di espressione che ci è sconosciuto in quello consueto per il nostro pensiero.  Quando interpretiamo un sogno, ci limitiamo a tradurre un certo contenuto ideativo ( i pensieri onirici latenti ) « dal linguaggio dei sogno» a quello della nostra vita da svegli.  Si vengono in tal modo a conoscere le particolarità di questo linguaggio onirico e si trae la sensazione che esso faccia parte di un sistema espressivo molto antico.  Cosi, ad esempio, nel linguaggio del sogno la negazione non viene mai espressa in una forma particolare.  Nel contenuto onirico gli opposti valgono l'uno per l'altro e vengono raffigurati dallo stesso elemento E cioè, detto in modo diverso: i concetti, nel linguaggio onirico, sono ancora ambivalenti, racchiudendo in sé significati opposti come, secondo le ipotesi dei glottologi, avviene nelle più antiche radici delle lingue storiche.
 
Un'altra caratteristica sorprendente dei linguaggio onirico è l'impiego estremamente frequente dei
simboli, i quali in certa misura consentono una interpretazione del contenuto onirico a prescindere dalle associazioni del singolo individuo. La sostanza di tali simboli non è stata ancora spiegata dalla ricerca in misura sufficiente; si tratta di sostituzioni e di paragoni fondati su analogie che sono in parte evidenti; invece in altri simboli si è smarrito il presumibile tertium comparationis della nostra conoscenza conscia.  Proprio questi simboli potrebbero discendere dagli stadi più antichi dell'evoluzione linguistica e della formazione dei concetti.  Sono specialmente gli organi sessuali e le attività sessuali ad incorrere nel sogno in una rappresentazione simbolica invece che diretta.  Hans Sperber, un glottologo di Uppsala, ha di recente cercato di provare che parole in origine indicative di attività sessuali sono arrivate, in base a questo parallelismo, ad un cambiamento di significato eccezionalmente ricco.

Se consideriamo che i mezzi di rappresentazione dei sogno sono costituiti soprattutto da immagini visive, non da parole, il parallelo del sogno con un sistema di scrittura ci sembrerà ancora più opportuno di quello con la lingua.  L'interpretazione di un sogno è in effetti perfettamente analoga al deciframento di una antica scrittura ideografica, ad esempio dei geroglifici egiziani.  Sia nel primo che nel secondo caso sono presenti elementi che non sono destinati alla interpretazione o alla lettura, ma che devono solo, come «determinativi», rendere possibile la comprensione di altri elementi.  La varietà di significati di molti elementi onirici trova riscontro in questi antichi metodi di scrittura, come pure l'omissione di diversi collegamenti, che, sia nell'uno che nell'altro caso, si devono integrare sulla base del contesto.  Se questa concezione della rappresentazione onirica ancora non ha avuto ulteriore sviluppo, ciò dipende dalla circostanza, ovviamente comprensibile, che quelle prospettive e quelle cognizioni con cui il glottologo affronterebbe un argomento come quello dei sogno, sfuggono completamente allo psicoanalista.

Il linguaggio onirico costituisce, si può dire, il mezzo di espressione dell'attività psichica inconscia.  Tra le mutate condizioni psicologiche che caratterizzano e contraddistinguono le varie forme di nevrosi, si trovano anche modificazioni costanti dell'espressione di impulsi psichici inconsci.  Mentre il linguaggio mimico dell'isteria nel complesso corrisponde al linguaggio ideografico del sogno, delle visioni e via dicendo, nel linguaggio ideativo della nevrosi ossessiva e delle parafrenie (demenza precoce e paranoia) si riscontrano formazioni idiomatiche particolari, che in una serie di casi ormai possiamo comprendere e riferire le une alle altre.  Ad esempio ciò che un'isterica manifesta con il vomito, nell'ossessivo si rivelerà mediante meticolose misure di cautela contro un'infezione, ed indurrà il parafrenico a lamentarsi e a temere di essere avvelenato.  Ciò che trova in questi casi espressione così varia è il desiderio di fecondazione rimosso nell’inconscio, unitamente alla difesa contro di esso della persona malata.

 


L’inconscio e la formazione dei linguaggi simbolici


 

Un'interessante intervista sul rapporto tra creatività artistica
ed effetti delle dinamiche inconsce

STUDENTESSA: Freud ne L'interpretazione dei sogni sostiene che la creatività è una conseguenza dell'inconscio e che quindi l'uomo, essendo veramente libero solamente nell'inconscio, trova questa sua espressione della creatività. Lei è d'accordo?

PETRELLA: Non sono d'accordo perché non trovo esatta questa proposizione. Cioè Freud dice che la creatività umana dipende dall'inconscio, ma anche tante altre cose, che non sono la creatività umana, dipendono dall'inconscio. Freud non ha mai fatto delle teorie speciali sulla creatività, però ha individuato nel sogno un luogo di possibile creatività, senza comunque entusiasmarsi più di tanto per quest'idea. Cioè il sogno è creativo. Poi ci sono sogni che sono senz'altro creativi, che sono pure belli , che cioè hanno delle valenze estetiche che possono essere straordinarie. I sogni possono essere belli e brutti, però l'inconscio ha a che vedere con molte attività umane, sia perché infiltra l'attività umana e la condiziona, sia perché molte attività umane da un lato creano quelle condizioni di repressione per cui l'inconscio si alimenta continuamente, dall'altro l'inconscio anima coi suoi processi molte attività di pensiero e anche molte azioni dell'uomo. L'arte ha un posto privilegiato tra questi indubbiamente, perché è un luogo del comportamento e dell'espressione umana, che non è vincolato dalle esigenze del reale, come gran parte delle attività umane. Se l'uomo produce un pezzo di pongo, come diceva chi di Voi ha iniziato a parlare, ha bisogno di tecnologie precise per farlo. Però una volta fatto, di questo pezzo di pongo può fare quello che vuole. È libera l'azione. Allora in questa libertà, nel plasmare questa libertà, si possono insinuare i fantasmi di ciascuno. Lo sanno bene i terapeuti, per esempio, dell'infanzia, con dei bambini psichicamente sofferenti, che quando guardano le loro produzioni col pongo sanno valutare quali attività emotive sono in gioco.

STUDENTESSA: Lei sta quindi sostenendo che una produzione creativa è comunque una produzione razionale?

PETRELLA: Io penso che un'attività creativa per non essere una cosa informe - non dico informale, ma informe - deve connettersi anche alle tecniche, ai saperi e all'io che sa fare. Se io uso un pennello per dipingere, attraverso il pennello mi connetto a un'intera tradizione culturale e tecnica. Il pennello è un oggetto specifico, lo fa qualcuno ed io lo compero, insomma mi connetto alla realtà sociale. Poi questo pennello lo posso intingere nel colore e fare ogni sorta di cose: dalla porcheria al capolavoro, però la connessione col mondo culturale è comunque stabilita. Diverso è se io prendo questo pennello e me lo mangio, se vogliamo fare un esempio. Mi metto a mangiare il pennello. È una cosa che potrebbe anche succedere. Questo sarebbe, inutile dirlo, un uso improprio e anticulturale del pennello. Ma se io prendo il pennello per dipingere, qualsiasi cosa faccia, faccio un atto che ha già un'importante connessione con la vita di tutti, qualsiasi cosa io produca. Questo è molto importante, perché, per esempio, nella terapia con l'arte, se noi diamo il pennello in mano a qualcuno e questo lo usa, è già molto.

da http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=429#freud

 

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