Annibale Carracci, Venere, satiro e due amorini


Annibale Carracci,
Venere, satiro e due amorini, 1590 circa, Firenze, Uffizi
 

Il tono del dipinto è ludico ed esuberante e anticipa quella felice carnalità del tema mitologico che il pittore avrebbe poi celebrato negli affreschi di palazzo Farnese a Roma. Per la figura della Venere Carracci si ispira alla ninfa seduta di schiena presente in un’opera di Tiziano. La classicità sensuale e arcadica di questi viene però deformata da Annibale in senso manieristico, attraverso l’intreccio delle diagonali e i forti contrasti chiaroscurali. La pelle chiara della donna sdraiata, esaltata dal velo bianco, si contrappone all’oscurità del satiro che emerge dal fondo buio, offrendole, morbosamente, una fruttiera ricolma d’uva.

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