La riflessione è stata condotta in relazione all’esperienza d’amore
in Petrarca e alla definizione che l’autore dà di essa in alcuni
sonetti (1, giovenile errore; 161, l’amore è stato sì
un errore ma dolce; 344, l’amore è stato
un tempo dolce cosa) unitamente alla dimensione interiore della
solitudine che spesso lo accompagna sia nei momenti positivi (quando
Amore ribolle nel suo cuore così intensamente da impedirgli di
vedere un ruscello seminascosto dall’erba e da determinare la sua
caduta, s. 67; oppure quando lontano da caos e corruzione
compone versi e proprio con Amore ragiona, s.114), sia
soprattutto nei momenti negativi (quando evita gli altri nel timore
che l’intensità del suo sentimento traspaia dal suo stesso aspetto,
s. 35; o quando avverte la solitudine più intensamente
che mai dopo la perdita della donna amata, s. 321;
infine, quando in preda a dolore e tormento, stupendosi egli stesso
di ciò, si trova solo ma la solitudine gli fa paura e ricerca allora
la compagnia del vulgo, s. 234). Solo nella
dimensione della solitudine è possibile in Petrarca un ripiegamento
interiore tale da rendere l’interiorità stessa del poeta oggetto di
osservazione e materia poetica; solo nella solitudine l’autore
medita su se stesso, sulla propria esperienza e sul frutto interiore
che questa esperienza gli ha lasciato: la vergogna. Vergogna per la
caduta nel ruscello seminascosto, vergogna per ciò che
prova, vergogna per aver seguito in vita passioni terrene (oltre
all’amore per Laura, quello per la fama poetica); questo il concetto
che si vuole riassumere nella citazione del sonetto di apertura del
Canzoniere in cui il poeta fa riferimento proprio a ciò che le
vicende più rilevanti della sua esistenza gli hanno lasciato:
vergogna, pentimento e consapevolezza che le passioni terrene sono
destinate a finire presto come i sogni.
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