Federico Meninni
Il regno della bugia
Sol menzogne ravviso ovunque il guardo
de
l'intelletto e de le luci io giro.
Se d'un nume terren la reggia
io guardo,
mille di falsità ritratti io miro;
se 'l piè talor entro i musei
ritardo,
iperboli dipinte i lini
ammiro;
lusinghiera beltà viso bugiardo
m'addita, allor che a vagheggiarla aspiro.
Turba di fole entro i licei dimora,
né di finte apparenze è 'l cielo avaro,
quando a l'iride un arco il Sol colora.
Ma che giova schernir gli altri che alzâro
trono superbo a la bugia, se ancora
bugie da Febo, io che ragiono, imparo?
Il sonetto esprime in modo particolarmente esplicito una concezione del mondo e una poetica che sono tipiche del barocco. La realtà è menzogna, inganno dei sensi e dell’intelletto, in tutte le manifestazioni della bellezza: dai ritratti di falsità che adornano le dimore dei potenti, alle finte apparenze dell’arcobaleno. Ma il poeta, nel suo ragionare, non svela la verità: al contrario impara, per poi creare a sua volta, nuove bugie.
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