Dante Alighieri - Invidia, superbia e avarizia

 

Parte I:

INVIDIA, SUPERBIA E AVARIZIA

 

Parte II:

L’ INVIDIA

 

Parte III:

LA SUPERBIA

 

Parte IV:

L’AVARIZIA

 

Il mio lavoro prevede la ricerca delle parole invidia, superbia e avarizia, parole chiavi nei testi danteschi, dal momento che individua in questi tre peccati la causa della decadenza e corruzione umana, simboleggiata dai cittadini di Firenze. Si evince tale pensiero dai seguenti versi:

 

 ALIGHIERI, D. Inferno    [2]

    1) Giusti son due, e non vi sono intesi;/ *superbia*, invidia e avarizia sono/

    le tre faville c'hanno  - Inf., can.6.74

    2) gent'è avara, *invidiosa* e superba:/dai lor costumi da che tu ti forbi.  - Inf., can.15.68

 

Dante fa nuovamente riferimento alla triste condizione di Firenze per mezzo delle parole di Ciacco. Quest’ultimo sottolinea in particolar modo l’eccessiva presenza di invidia, che va intesa nel senso di ostilità, che fu una delle cause dei contrasti civili, principio della rovina della città.

 

ALIGHIERI, D. Inferno    [2]

    1) «La tua città, ch'è piena/ d'*invidia* sì che già trabocca il sacco,/ seco mi  tenne  - Inf., can.6.50

 

Ho continuato la mia attività cercando le parole singolarmente per individuare i luoghi in cui Dante si riferiva ai suddetti peccati mortali. Per quanto riguarda l’avarizia essa è diffusa tra papi e cardinali, in tal modo Dante accusa la Curia di profonda corruzione .

 

    ALIGHIERI, D. Inferno    [3]

 2) capo, e papi e cardinali,/ in cui usa *avarizia* il suo soperchio»./  E io:

    «Maestro,  - Inf., can.7.48

 

Sull’avarizia Dante esprime un giudizio ricorrendo al De consolatione philosophiae di Boezio, di cui condivide l’opinione. Egli spiega che chi possiede le ricchezze e non le condivide con gli altri non è virtuoso ed è privato anche del bene.

 

ALIGHIERI, D. Convivio

     Tratt. 4,13

 

          Boezio, nel secondo della sua Consolazione dice: «Per certo

          l'*avarizia* fa li uomini odiosi».

       8     Anche è privazione di bene la loro possessione. Ché,

          possedendo quelle, larghezza non si fa, che è vertude

          [nel]la quale è perfetto bene e la quale fa li uomini

          splendienti e amati: che non può essere possedendo quelle,

          ma quelle lasciando di possedere.

 

L’invidià è considerata aspetto negativo della persona insieme ad altri gravi difetti:

 

ALIGHIERI, D. Convivio

     Tratt. 1,4

 

2     Dico adunque che per tre cagioni la presenza fa la persona

          di meno valore ch'ella non è: l'una delle quali è puerizia,

          non dico d'etate ma d'animo; la seconda è *invidia*, - e

          queste sono nello giudicatore -; la terza è l'umana

          impuritade, e questa è nello giudicato.   

 

Dante analizza il luogo in cui può nascere tale sentimento, ricavandolo dall’opera aristotelica La Retorica. Egli afferma che essa ha origine tra esseri alla pari.

 

 ALIGHIERI, D. Convivio   

invidia. Sì come è detto di sopra, la *invidia* è sempre dove è alcuna

paritade. Intra li uomini  - Tratt. 1,11.5

 

 

Della superbia ne sono evidenziati due tipi. Omberto Aldobrandeschi rappresenta la superbia del sangue, l’arroganza nobiliare, mentre il peccato di cui si è macchiato Oderisi da Gubbio è l’eccessivo ed esagerato sentimento del proprio valore artistico. Oderisi rappresenta quindi la superbia per i propri meriti.

 

  ALIGHIERI, D. Purgatorio    [2]

    1) Io sono Omberto; e non pur a me danno/ *superbia* fa, ché tutti miei

    consorti/ ha ella tratti seco  - Purg., can.11.68

    2) de l'eccellenza ove mio core intese./  Di tal *superbia* qui si paga il fio;/

    e ancor non sarei  - Purg., can.11.88

 

 

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