G.L.Sempronio, Per i capelli della sua donna

       

               Lascia, Cilla gentil, lascia disciolte

          le ricciutelle tue fila divine,

          ché, ben che sparso è ben che sciolto, avvolte

          ha pur mill'alme entr'i suoi lacci un crine.

 

               Non voler di tue chiome aurate e fine

          catenelle intrecciar lucide e folte;

          lasciale pur su 'l bianco collo incólte

          preziose formar belle ruine.

 

               Quanto è più cólto un crin, tanto più spiace;

         ma quanto è lento più, più l'alme allaccia,

         e quanto s'orna men, tanto più piace.

 

              E se treccia vuoi far, treccia si faccia;

         ma si faccia fra noi treccia tenace,

         non del tuo crin, ma de le nostre braccia.

 

 

In questo sonetto, caratterizzato da grande sensualità, la donna viene invitata a lasciare sciolti sul bianco collo i suoi capelli biondi e ricci. Nella terzina finale, il poeta gioca con il tema delle trecce: l’acconciatura richiama l’intrecciarsi delle braccia degli amanti.

 

 

Sempronio, Giovanni Leone (Urbino, 1603-1646): poeta italiano, oltre ai versi di gusto marinistico raccolti nella Selva poetica (postuma, 1648), compose un poema eroico, il Boemondo, in cui imita apertamente il Tasso, e la tragedia Il conte Ugolino (ambedue pubblicati postumi).

 

 

 

 

 

 

 

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