G.Artale , Bella chioma, begli occhi, bella bocca,
bella mano e
leggiadro piede di bella donna
Occhi, bocca, piè, mano e chiome aurate,
bella, fra noi san debellar gli amori;
canti, balli, ardi, atteggi, e reti amate
intesse il crin per catenarne i cori.
Piè, mani, labra, crin, luci adorate,
moti, voci, lacciol, nevi ed ardori
offrite, alzate, ordite, ornate, armate,
co' giri, incanti, ardor, lacci e candori.
Vago è 'l crin, l'occhio, il labro, il braccio e 'l piede,
ma ognun empio, inuman, fier, crudo e rio
stringe, strugge, calpesta, impiaga e fiede.
O crin, piè, mani, o luci, o bocca (oh Dio!),
voi, voi, cinque nemici a la mia fede,
date cinque ferite al petto mio!
In questo sonetto troviamo molti degli elementi tipici della bellezza femminile: capelli, occhi, bocca, mani e piedi, che incatenano il cuore dell’amante e vengono esortati a colpire il suo petto in fiamme.
Artale, Giuseppe (Catania 1628 – Napoli 1679): poeta italiano, fu soldato di ventura e condusse una vita violenta e sregolata. In una Enciclopedia poetica in tre parti (1658-1679) raccolse, oltre a numerose rime, il romanzo Cordimarte e la tragedia a lieto fine Guerra tra i vivi e i morti. Rappresentante, insieme a Lubrano, del tardo marinismo napoletano, spinse all’estremo il gioco dei bisticci e delle metafore, il gusto per l’iperbole; nell’ultima fase della sua attività la sua vena s’incupisce per insistenti preoccupazioni moralistiche.
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