Il Piemonte diviene abitabile nell'ultimo
periodo glaciale, quando le immense aree paludose si restringono poco
a poco. Con un clima più mite e condizioni naturali
meno avverse, gli uomini fecero la loro prima apparizione
nelle zone comprese tra le Alpi, il Ticino e il Po.
Probabilmente essi appartenevano alla civiltà che si sviluppò fra
l'epoca delle schegge ritoccate ( moustériana ) e
il principio dell'età neolitica ( 6000 - 4000 a.C. ); usavano quindi strumenti
di pietra a cui si aggiunsero asce, scalpelli e altri
arnesi di pietra levigata e perforata; conoscevano il fuoco, costruivano
vasi d'argilla, seppellivano i morti ed allevavano animali domestici.
Poi, con il trascorrere dei millenni, anche gli. antichi popoli che
risiedevano nell'area ai piedi dei monti incominciarono ad
abitare stabilmente, oltre le caverne, anche le capanne e le palafitte,
apprendendo l'uso del rame e del bronzo, nonché i primi rudimenti
dell'agricoltura ( 5000 - 3000. a, C.).
Durante il periodo protostorico,
comprensivo del medio ed ultimo periodo del bronzo e tutta la prima età del
ferro ( 3000-500 a.C. ) la regione ligure piemontese era abitata
dai Liguri, anche se
non sappiamo come questo termine potesse giustificarsi dal punto di vista
etnico e linguistico. Erano i Liguri una parte di quei
popoli la cui parlata derivava dal ceppo indoeuropeo e che, in epoca
non ancora ben precisata, ma forse nel 2000 a.C., emigrarono nei territori
mediterranei. Oppure erano popoli di altra origine o ancora,
fondamentalmente, gli stessi primissimi abitanti preistorici. La questione è
ancora molto dibattuta fra gli specialisti. Molte parole e molti toponimi delle nostre zone conservano
elementi lessicali liguri e specialmente suffissi legati a questa parlata.
Comunque nel primo millennio a .C. fu acquisita anche dai Liguri la
civiltà della prima età del ferro ( civiltà di Golasecca ), come è
provato dai ritrovamenti del Novarese, principalmente presso il Ticino e il
lago d'Orta.
Successivamente queste
popolazioni si mescolarono con i Celti ( Galli, secondo la
tradizione romana ), etnograficamente indoeuropei, la cui immigrazione
dovette iniziarsi attorno al 500. a. C. Il toponimo
Vercelli infatti ha
probabilmente origine celtica sia nel tema Verk
che nel suffisso elle.
La
località di Vercelli
dovette quindi formarsi
dopo il V sec e presumibilmente prima del III sec. a. C., mentre era in
graduale sviluppo la seconda età del
ferro (o gallica). Secondo
Plinio
( Vercellae Libicorum ex Saliis ortae
) pare che i fondatori di
Vercelli siano stati i Salii; ma è difficile prestar fede a
questa tardiva testimonianza.
Al tempo della seconda guerra punica gli abitanti del vercellese
sono dalle fonti latine chiamati Libici.
o Libui, piccolo gruppo .celtico le cui vicende si confondono con quelle dei
Galli Insubri,
concentrati maggiormente a sud del lago
Maggiore e di Como. Poco o nulla si sa sui rapporti intercorrenti fra le
tribù celtiche. Nel II sec. a. C. il
territorio dei Libici confinava con quello dei Galli Vertacomori nel Novarese,
con i Victimuli e con i
Salassi
nel Biellese e nel
Canavese, con i Levi nel Pavese e infine con i Taurini nella
zona torinese. Ci .è rimasta notizia di
un'incursione nel paese dei Libici compiuta dai Galli Boi, stanziati
nella Cispadana, e avvenuta a scopo di razzia nell'anno
196 a.C.
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Le incursioni galliche
e la conquista romana
Nel V sec. a. C. quando Roma aveva già stabilito una sicura egemonia fra la
gente latina, un esercito gallico proveniente dalla pianura padana o
d'oltralpe percorse vittoriosamente l'area centrale e giunse nel Lazio,
occupò e devastò Roma.
Altre incursioni
galliche .avvennero nel III secolo a.C., quando i
Galli Senoni
assalirono Arezzo, mettendo in fuga un esercito consolare, anche se poi
furono costretti a cedere i loro territori alle preponderanti forze
romano-latine.
Solo dopo la prima guerra punica ( 264 a.c. - 241 a.C. ), avendo
ormai raggiunto una posizione preminente nel bacino del Mediterraneo, Roma
volse la sua potenza contro le tribù galliche dell'Italia del nord. La lotta
fu sanguinosissima. Contro l'esercito celtico dei
Boi e degli
Insubri. Roma chiese
l'appoggio di tutti gli alleati, compresi i
Veneti e i
Galli
Cenomani. I Galli, battuti inizialmente i
Romani a Fiesole, furono
sconfitti nel 225 a.C.
La Gallia Cisalpina fu
quindi aperta all'invasione e al saccheggio dei Romani, che
tuttavia dovettero ancora combattere altre dure battaglie prima di poter
espugnare tre anni dopo Milano, capitale degli Insubri, e
costringere i Celti all'alleanza.
Solamente nei primi decenni del II secolo a.C. poté affermarsi la
conquista romana nella Gallia Cisalpina e quindi anche nel territorio di
Vercelli.. Con la fondazione di lvrea ( 100 a. C.) infine, anche
i Galli, abitanti delle vallate alpine che circondano l'area dell'alto
vercellese, furono definitivamente arginati nelle loro azioni e confinati
fra i loro monti.
Il passaggio di Annibale e la sconfitta dei
Cimbri ai Campi Raudi
Annibale,
comandante cartaginese,
era disceso in Italia nell'autunno del
218 a. C., ridestando le speranze di molte tribù galliche, che
attendevano il momento opportuno per opporsi a Roma. Gli stessi
Vercellesi,
secondo
Silio Italico,
si unirono all'esercito di Cartagine. Contro di essi accorreva un esercito romano
comandato da
Publio Cornelio
Scipione,
il quale intendeva bloccare l'avanzata dell'avversario, che stava
ancora attestato ai margini delle Alpi. Annibale si era portato nel
territorio di Victimulae,
sul rilievo della Serra (
presso Salussola forse)
(1).
A breve
distanza da Victimuli
( secondo lo storico
Livio ) si accamparono i Romani. Il primo scontro fra i due
eserciti si concluse con la sconfitta di
Scipione, che segnò l'inizio della serie di rovesci che i Romani
dovranno subire fino al disastro di Canne. Benché
non sia stato mai ben definito il luogo di questa storica battaglia, che
prese il nome dal Ticino,
tuttavia si ammette quasi unanimemente che si svolse nel vasto agro
vercellese.
Circa un secolo dopo lo stesso terreno vercellese sarà
invece favorevole ai romani. Nell'anno 113 a. C. incominciò
la calata verso le regioni meridionali di due forti popoli di stirpe
germanica: i Cimbri e i
Teutoni. Per più di dieci
anni costoro poterono espandersi nel Norico, nella penisola balcanica,
nell'Elvezia, nella Gallia e nella Spagna. Solamente nell'autunno del 102 a.C.
i Teutoni poterono essere definitivamente dispersi da
Caio Mario ad Aquae
Sextiae.
I Cimbri invece,erano ormai entrati in Italia
infliggendo una disfatta all'esercito del proconsole Lutazio Catulo
presso l'Adige nelle Alpi Tridentine. Tutta la Transpadana si aprì
allora alla loro invasione. Senonché i Cimbri, indugiando troppo in questa
regione, diedero modo agli eserciti di
Catulo e di
Mario
di poter riunire le loro forze. La stessa sorte
toccata ai Teutoni toccò ai
Cimbri
presso Vercelli nella famosa pianura dei
Campi Raudi,
alla confluenza del fiume Sesia con il Po ( 30 luglio 101 a. C.).
Questa battaglia, secondo la concorde descrizione degli storici antichi, fu
sanguinosissima e di gigantesche proporzioni; ma i particolari attendibili
che ci furono tramandati sono pochi. Sulla questione riguardante la
topografia dei Campi Raudi pare certo che i Campi Raudi si trovassero
presso Vercelli, nella pianura fra Vercelli e il Po.
a
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L'espansione romana dal III al I secolo a.C.
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Le frecce indicano le discese cartaginesi di Asdrubale ed Annibale
Sezione del cartogramma tratto dall'Atlante
storico del mondo - Touring Club Italiano |
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Vercelli municipio romano
Il
caratteristico atteggiamento vendicativo e spietato con cui i Romani erano
soliti trattare i popoli vinti, si manifestò anche nella Cisalpjna;
tuttavia a differenza dei Celti sud-padani che furono ferocemente
perseguitati e massacrati, con gli Insubri e con essi i Libici
di Vercelli furono tollerati ed i loro agglomerati urbani poterono
sopravvivere, crediamo, con la costituzione celtica distrettuale.
Assai presto le fertili terre a settentrione
del Po incominciarono ad essere sfruttate dai grandi latifondisti romani,
e con le terre furono sfruttati anche gli abitanti, la cui condizione
giuridica era vicina a quella degli schiavi.
Erano considerati stranieri soggiogati ( peregrini
dediticii ), perciò non potevano portare armi; non solo
e nessuno di loro avrebbe mai potuto
divenire cittadino romano.
Contemporaneamente all'approfondirsi della
dominazione economico-militare romana si sviluppò anche la cosiddetta romanizzazione.
Nell'agro vercellese l'arrivo di nuovi coloni latini e
italici, il passaggio di soldati romani, la deduzioni della colonia militare
di Ivrea e l'attrattiva esercitata dall'oro che si estraeva presso Victimuli,
misero
a contatto la locale civiltà
celtica-ligure
con quella romana, la cui
fusione
totale avvenne però assai tardi, nei secoli della romanità imperiale,
dopo le riforme democratiche di Cesare.
Ciò che rallentava la
romanizzazione dei Celti transpadani
- come
degli stessi Italici
-
era il mancato godimento dei diritti civili, cioè della cittadinanza
romana. Soltanto nell'82 a. C., dopo che gli Italici, proprio per
conseguire la
cittadinanza romana, avevano scatenato
la guerra civile, il
console Gneo
Pompeo Strabone riuscì a
far concedere il ius Latii ai Transpadani,
i quali alla rivolta non avevano partecipato e anzi avevano contribuito
sensibilmente alla
vittoria romana.
La piena cittadinanza romana non venne accordata che quarant'anni dopo,
quando ormai la Cisalpina era considerata la regione più laboriosa, più
ricca e più popolata della penisola. Sulla potenza economica ed umana
dell'Italia settentrionale Cesare
aveva potuto edificare la sua fortuna militare e politica::qui aveva
reclutato i suoi legionari, qui aveva trovato armi, vettovaglie e un
permanente appoggio logistico per le sue vittoriose campagne militari,
qui aveva trovato la fedeltà per muovere alla conquista del potere in Roma.
E nell''anno 49 a.C.
Cesare
concesse a tutti i comuni
transpadani i diritti politici di Roma.
Vercelli allora divenne municipio
romano.
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L'agro
vercellese a partire dal I secolo d.C.
I Vercellesi furono cittadini romani iscritti alla tribù
Aniense e anche la città subì un ulteriore
sviluppo. Il
vecchio agglomerato celtico
incominciò a trasformarsi sensibilmente nel I sec. a. C. con
l'apparire delle prime costruzioni in muratura. Nel I e II sec. d.
C. Vercellae era ormai una grande e bella città
romana, dotata di tutti caratteri edilizi ( monumenti, edifici e strade lastricate
) dell'urbanistica
antica.
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L'Italia ai tempi di Augusto - I secolo d.C -
La regione XI Traspadana e l'agro vercellese
Sezione del cartogramma tratto dall'Atlante storico del mondo - Touring Club
Italiano
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A giudicare dall'area sulla quale sono avvenute le scoperte archeologiche e
sulla quale doveva estendersi approssimativamente l'antica città, e a
giudicare altresì dal numero elevatissimo di Vercellesi che militarono
nell'esercito romano, come ci è tramandato dall'epigrafia, possiamo
supporre che Vercelli, municipio fortissimo al dire di
Tacito,
possedesse una popolazione per quei tempi assai rilevante : oltre
20.000 abitanti.
Il territorio posto sotto la giurisdizione municipale di Vercelii (
ager vercellensis
) risultava assai esteso e vario, compreso fra le Prealpi,
la Sesia, il Po, la Dora e la Serra, con gli importanti centri
minori ( pagi ) di
Rigomagus (Trino), Cestae,
Victimulae, Bugella ( Biella ), e molte altre località
rurali (
vici ) dove sono avvenuti frequenti ritrovamenti di reperti
archeologici ( ad esempio nelle zone di Palazzolo, Caresana, Villanova
e Lignana ). Una testimonianza evidente della penetrazione romana
nelle campagne vercellesi è rappresentata dalle località i cui nomi derivano da
gentilizi romani: Asiliano da Acilianus,
cioè luogo, podere di Acilius o della famiglia Acilia;
e analogamente Caresana, Caresanablot, Carisio da
Carisius o Carisiana, Cigliano da Caecilia,
Cavaglià da Cabalia, Costanzana da
Constantius, Desana da Decius, Formigliana
da Firminius, Lignana da Lignius,
Muzzano da Mucius. Pezzana da Pettia,
Sandigliano da Sandilius, Stroppiana da
Stirpius.
Da
Strabone e
da Plinio il
Vecchio sappiamo che nell'agro vercellese esistevano delle
aurifodinae ( campi auriferi ), che i Romani davano in
appalto con la limitazione di non
impiegare in tale lavoro più di 5.000 schiavi. L'industria aurifera era localizzata nella Bessa
zona compresa fra l'Elvo e la Serra. Forse il lavaggio e la ricerca dell'oro
era praticato
sporadicamente su una zona assai più ampia, fino nell'interno delle vallate
prealpine dell'Elvo, del Cervo e del Sessera. Centro di raccolta e di
smistamento di tutta la produzione era
Victimulae, la cui posizione geografica permetteva il contatto diretto con Vercelli ed Ivrea,
attraverso l'importante arteria stradale che da Milano conduceva ai
valichi alpini.
L'agro vercellese era attraversato da tre grandi strade
romane: due, quella citata e un'altra proveniente da Piacenza,
confluivano a Vercelli, e passando quindi per Ivrea risalivano la
valle della Dora dirette alla Gallia Transalpina, una terza, passando
dall'importante nodo stradale di Cuttìge (Cozzo Lomellina ) e proseguendo sulla sinistra del Po per
Rigomago (
Trino ) e Ceste andava a Torino. Una quarta strada, meno
importante, univa Vercelli a Rigomago da cui proseguiva
probabilmente per Asti.
Su
Vercelli convergeva tutta la vita agricola, commerciale e
industriale del suo ampio territorio,
ben servito da una rete stradale che lo metteva in facile
comunicazione con gli altri centri dell'Italia settentrionale e d'oltr'Alpe.
Come tutti gli altri
municipi, anche il municipio di Vercelli aveva una larga autonomia
tanto nella giurisdizione civile che
penale, non limitata al solo nucleo urbano, ma estesa a tutto il
territorio che gli era stato assegnato. Reggevano le sorti della vita
pubblica il popolo
( plebs urbana
} e l'ordine dei decurioni
fatto a somiglianza del senato di
Roma e composto da cittadini aventi determinati requisiti di censo e di nascita. In un secondo tempo venne in auge anche il
collegio degli augustali, che si
occupavano principalmente del culto di
Augusto e
degli imperatori.. Magistrati supremi della municipalità erano quattro
magistrati,
di cui due esercitavano funzioni giurisdizionali e due si occupavano delle
materia amministrativa.
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